“Non siamo solo atleti, ma esseri umani. Nessuna medaglia conta più della mia salute mentale”; questa la dichiarazione della plurimedagliata ginnasta americana Simon Biles.
Negli ultimi anni la salute mentale nello sport è uscita dall’ombra, atleti di fama mondiale hanno iniziato a raccontare delle loro fragilità, rompendo così il tabù dell’invulnerabilità radicato nella cultura sportiva.
Per troppo tempo la figura dell’atleta è stata associata ad una resistenza sovrumana non solo fisica ma anche psicologica. Molti sono i fattori che gravano sulle spalle degli sportivi ad alto livello, tra questi allenamenti estenuanti, pressioni mediatiche, aspettative nazionali, portando così a celare dietro un gesto tecnico come una gara ansie o attacchi di panico, che possono portare ad uso di droghe, all’abbandono precoce della disciplina a in alcuni casi anche alla depressione (circa il 25% degli atleti professionisti soffre di depressione).
Nonostante la novità mediatica della salute mentale dello sportivo, in alcune discipline chiedere aiuto è ancora visto come segno di debolezza eppure il benessere mentale è fondamentale per la performance.
Per fortuna sono stati fatti enormi passi avanti in questo campo, alcune federazioni o club sportivi stanno introducendo figure professionali come psicologi dello sport con l’obiettivo di creare un ambiente in cui sia normale parlare delle proprie difficoltà psicologiche così come si parla di quelle fisiche.
Ma deve ancora avvenire il cambiamento più grande, quello della mentalità collettiva, che deve includere nello sport anche le fragilità, gli errori e la paura.
Nel mondo sportivo la pressione è altissima perché bisogna competere non solo con i propri avversari ma anche contro di sé e il giudizio pubblico dei media.
Lo sport è dunque un’arma a doppio taglio, da una parte abbiamo dei benefici per la salute mentale se praticato in piccole dosi e ad un livello più basso, dall’altro abbiamo gli atleti ad alto livello esposti a pressioni troppo grandi che finiscono spesso per schiacciare il peso anche del più grande sportivo. E’ importante dunque ricordare sempre che l’atleta non è invincibile, né fisicamente né mentalmente, e che mostrarlo non è segno di debolezza ma segno di grande forza così come lo è farsi aiutare da figure professionali in questo percorso difficile.
Ludovica Tavani (classe 3C – liceo classico)

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