In Italia i numeri parlano chiaro: siamo solo ad inizio anno e già sono 17 le morti di donne di ogni età.
Tra le ultime, proprio Ilaria Sula e Sara Campanella, due giovani studentesse uccise a distanza di poco tempo. Episodi che hanno destato grande clamore non solo per l’efferatezza dei femminicidi ma anche e soprattutto per la loro vicinanza nel tempo avvenuta a distanza di pochi giorni. Il femminicidio non è solo uccisione di una donna ma è l’atto finale di una lunga catena di silenzi, di gelide violenze frutto della cultura patriarcale. La discriminazione di genere in tutto ciò gioca un ruolo fondamentale, in quanto alla base del femminicidio vi è una cultura che scredita la donna e la considera come un oggetto, che non accetta i “no” e che riversa la colpa di violenze e molestie su di lei. Fare rumore.
Questo ci eravamo ripromessi dopo la morte di Giulia Cecchettin lo scorso anno, eppure la questione è ancora avvolta in un assordante silenzio tant’è che c’è ancora chi crede che omicidio e femminicidio siano la stessa cosa. Il silenzio di chi non fa niente per evitarlo, il silenzio della oscura solitudine delle vittime messe a tacere come bambole prive di anima e uccise senza pietà dai loro aguzzini che dichiaravano di amarle. Eppure l’amore è tutt’altro, non è fatto di schiaffi e di scuse momentanee, di parole screditanti e di limiti controllanti. L’amore sta nelle piccole cose, non per forza nei baci e negli abbracci ma nella presenza, nei piccoli gesti. Forse dovremmo dare più importanza a questi più che all’affetto ipocrita ed edulcorato che profuma di fiori e cioccolatini da scartare, usati per scusarsi. L’amore spesso per le vittime diventa un buco nero da cui è difficile uscire, in quanto stregate dallo specchio incantato della regina di Biancaneve che promette ma non mantiene. Al momento, purtroppo, le stesse istituzioni mettono a tacere i cadaveri silenziosi delle vittime ma anche le loro famiglie che lottano incondizionatamente per la verità e la spettante giustizia.
È vergognoso quello che è accaduto a Giulia Cecchettin che, dopo aver subito, ben 75 coltellate, da viva e cosciente, non ha ricevuto la meritata giustizia; nella sentenza, infatti, Filippo Turetta non ha avuto l’aggravante del suo agito, in quanto il numero delle coltellate è stato considerato segno di inesperienza e non di crudeltà. Ma non è già crudele uccidere una persona? Il silenzio uccide…uccide nel profondo del cuore e dell’anima. L’unico antidoto è fare rumore. Rompere il mutismo che avvolge l’origine di questi femminicidi è l’unica chiave per fermarli in una società dove le morti delle donne sono state fantasmi per troppo tempo.
Basta!
È ora che in questo mondo menefreghista, incentrato tutto sul proprio essere e sul proprio Io, si smuova qualcosa e si inizi finalmente a fare rumore per Ilaria, per Giulia, per Sara, per Giulia Tramontano, Lucia Chiapperini, Teresa Stabile, Clarangela Crivellin, Laura Papadia, Sabrina Baldini Paleni, Tilde Buffoni, Samia, Bent Rejab Kedim e tante altre.
Francesca Calò (classe 4A – liceo classico)

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