I giorni passavano, fra i compagni di classe simpatici e gentili, ed i vari tentativi di Denise di scoprire chi fosse veramente Sei. In questi tentativi Denise trascinava sempre con se una sua cara amica, che molto presto divenne anche amica mia e di mia sorella. Il suo nome era Ansel, ragazza alta all’incirca quanto Denise, con occhi marrone scuro e capelli castani (anche questi scuri) di lunghezza media, che portava spesso raccolti a cipolla. Portava degli occhiali rettangolari, ed era più dolce e più gentile degli altri compagni. Devo ammettere che a quell’epoca mi venne da paragonarla al miele, tanto era dolce, gentile e timida. Tentava sempre di distogliere Denise dallo scoprire tutto il possibile su Sei, poiché non dubitava di una ragazza apparentemente onesta. Cercando e ricercando, Denise scoprì che all’ufficio dell’anagrafe si trovavano dei documenti molto dettagliati sulla prestigiosa famiglia dei Lanaya, ed essendo incredibilmente testarda, decise di andarli a cercare. Certo si trattava di un crimine bello e buono, secondo Ansel, che iniziò a parlarne con l’amica ogni volta che poteva, per farle scartare l’idea. Ma intanto si avvicinava il giorno in cui Denise aveva deciso di cercare il documento, e nell’attesa lei stessa si stava preparando tutto il necessario. Come mi fu detto dopo, non avendo ovviamente esperienza in cose simili, era andata a prendere ciò che pensava potesse servirle: una torcia, una carta d’identità falsa, e… un buon diversivo. Il tutto fornito dal suo datore di lavoro, che la sosteneva dicendo che un piccolo crimine valeva la cacciata dei demoni dai centri abitati e, se possibile, dal mondo intero.
La mattina del giorno prefissato, la scuola si svolse normalmente, ma la vidi fissare Sei in modo preoccupante, e fui inquieto per tutta la giornata.
A sera trovammo una lettera nella cassetta della posta, che diceva “Vieni davanti alla vecchia fabbrica degli Holmes, domattina alle otto, o rivelerò il tuo segreto.”
– È firmato con il marchio della società di Sherlock Holmes, ma ha chiuso diversi anni fa – dissi io, che conoscevo la società poiché era una zona industriale in cui diversi orfani erano soliti nascondersi.
– Non essere ridicolo, non c’è bisogno di guardare la firma, è palese che l’autrice di questa lettera è Denise – ribatté Sei, fredda come suo solito. – Forse ha visto Emma quando è andata a scuola per i ricevimenti, il che, aggiunto a diverse ricerche, le permetterebbe di scoprire facilmente la mia identità. Emma, lascia un messaggio ad Anne, per favore, chiedile come sta lì dentro e se può fare una ricerca veloce sul marchio di Sherlock Holmes, ne avremo bisogno. E specifica che dev’essere veloce.
– Hai davvero intenzione di andarci? – le chiesi preoccupato.
– Non ci arrivi? Qualsiasi cosa voglia fare, non ha ancora rivelato a tutti chi sono realmente e cosa potrei essere secondo lei. Se manco all’appuntamento lo farà, e saremo finiti tutti. Non potete ancora andarvene, non siete ancora pronti, ma nell’evenienza sarà meglio procurargli dei passaporti Emma.
Quest’ultima annuì in silenzio, con uno sguardo triste negli occhi. Io non sapevo cosa dire, o anche solo cosa pensare. Non volevo lasciare Sei, ma dovevo pensare anche a Sheila, e se l’alternativa ad una fuga disperata era la prigione, dubitavo che si sarebbe trovata nell’incertezza al momento di scegliere. Il pensiero di separarmi dalla mia dolce sorellina mi riempiva di tristezza e sensi di colpa, ma dopo tutto quello che avevano fatto per noi, non avrei potuto abbandonare quelle quattro così, avevo un debito da saldare.
Mentre ero immerso in questi tristi pensieri, il mio cellulare, quello di Sheila, e quello di Aurora squillarono contemporaneamente. Controllammo. Era un messaggio identico a tutti e tre, ed era da parte di Denise. Diceva di vederci domattina alle otto alla vecchia fabbrica degli Holmes, specificava che era molto importante. Ci guardammo. Era probabile che tutta la classe avesse ricevuto lo stesso messaggio. Sei abbassò la testa e si avviò cupa verso la porta della villa.
Dopo cena trattenni Sheila davanti alla sua camera, e le dissi che qualunque cosa avesse deciso, io non me ne sarei potuto andare. Inaspettatamente, lei sorrise e mi disse: – Lo so già, fratellone. Abbiamo un debito da saldare. E tu hai anche qualcos’altro da fare, no? – pronunciando le ultime parole mi fece un occhiolino ed io arrossii, intuendo che aveva compreso che mi ero davvero innamorato di Sei – In ogni caso anche io non me ne sarei andata così. Se saldare il nostro debito sarà finire in prigione, ben venga, sarò contenta di avere l’animo libero, se non il corpo.
– Sei cambiata molto sorellina.
– Lo so. Credo che mi faccia bene vivere con loro. Buonanotte fratellone.
– Buonanotte sorellina.
Dopo queste mie parole chiuse la porta, ed io mi avviai nella mia stanza.
Il giorno dopo ci recammo alla fabbrica, ovviamente prendendo direzioni diverse. Anne non era ancora uscita dalla sua camera. Sei disse che ci avrebbe raggiunti. Sembrava stranamente certa di ciò, cosa che mi confuse un poco. Come poteva immaginare che avrebbe trovato le informazioni e ci avrebbe raggiunto? Mi ero abituato già da tempo ai ragionamenti strani e misteriosi di Sei, che però si dimostravano sempre giusti. Ma devo confessare che all’epoca ero davvero curioso di scoprire il suo segreto. Continuavo a chiedermi come facesse. Che dipendesse dal suo potere spirituale? Improbabile. Ma se allora dipendeva dal suo demone, che demone era? Avevo provato a chiederglielo molte volte, ma non mi aveva mai risposto.
In ogni caso, tornando a quel giorno che ricordo bene, seppure sia passato molto tempo da allora, ci eravamo ritrovati tutti lì. Chi impaurito, e chi curioso della dichiarazione che Denise aveva annunciato di dover fare.
Erano le sette e cinquantanove minuti. Sei non si vedeva ancora. Denise camminava avanti ed indietro, nervosa, temeva che la sua preda fosse scappata senza lasciare tracce. Ma in quel momento risuonarono gli echi lontani delle campane, e sentimmo tutti una voce: – Ho sentito che volevi vedermi, Denise.
Era Sei, ma non la vedemmo subito, dovemmo alzare lo sguardo, per vederla in piedi su una vecchia trave. Era molto in alto. Iniziò a scendere dimostrando le stesse qualità di cui aveva sempre dato prova alle lezioni di educazione fisica, ed una volta a terra, continuò: – Quale sarebbe, dunque, la dichiarazione che hai da esporre alla nostra classe, su di me?
Denise era rossa in viso, credo a causa di un insieme di sentimenti, tra i quali riuscivo ad identificare solo rabbia, e forse un po’ di preoccupazione o paura della nuova luce sotto la quale ora vedeva la compagna di classe. Dopo pochi secondi, si fece coraggio e chiese: – Vuoi confessare tu i tuoi crimini?
– Tu consideri un crimine essere ciò che sono? Dì la verità, pensi davvero che io abbia scelto di essere ciò che sono? Pensi che io non rimpianga di essere divisa in due parti, unite solo da un legame sottile e doloroso? Sinceramente, hai la minima idea di come ci si possa sentire ad essere una creatura come me, nella mia posizione? Io non credo che tu mi possa anche solo lontanamente capire. Dì ciò che desideri dire, ed accada quel che accada, se hai paura di me, ti informo che non intendo versare neanche una goccia di sangue dei nostri compagni di classe, o tua.
– Se questo è ciò che affermi… Ascoltatemi tutti! Io ho le prove per dire che la nostra compagna di classe appartiene veramente alla famosa famiglia dei Lanaya! Ma non è solo per questo che vi ho chiamati qui oggi! La verità è che la nostra compagna di classe non ha solo i poteri di una sacerdotessa, ma è anche una mezza-demone!
L’aveva detto. Aveva rivelato a tutti chi era realmente Sei. Si sollevarono diversi mormorii dai nostri compagni. Dopo qualche minuto Ansel sembrava essersi decisa a parlare, quando sentimmo un rumore sospetto. Poi sentimmo delle urla provenienti dal cielo, e da quest’ultimo scese una gatta demoniaca gigantesca, con delle fiamme intorno alle zampe ed alle due code. Non ci mettemmo molto a capire che era Kira in una sua seconda forma, ed in groppa a lei c’era Anne, con Leprecauno e Mia. Anne si gettò a terra appena Kira si trovò a pochi centimetri dal suolo, ed iniziò ad urlare, fra lo sconcerto di tutti: – La fabbrica! Non è fallita perché non guadagnavano abbastanza! È fallita per un’invasione di farfalle! Farfalle velenose!
Dopo il suo urlo, il rumore divenne molto più forte: era un ronzio. All’improvviso iniziarono a spuntare dovunque farfalle, che lasciavano cadere una scia di sottile polvere viola. Anche Sei iniziò a gridare: – Non respirate! È veleno!
Detto questo iniziò a purificare l’aria intorno a tutti più che poteva, ma le farfalle erano troppe, non poteva farcela. Per giunta lei stava respirando il veleno. Così presi la mia decisione. Avrei saldato il mio debito, a costo della vita. Sei aveva detto di non voler dare ordini al mio demone. Allora glieli avrei dati io. Lo evocai, e con degli artigli verdi di veleno, sotto lo stupore di tutti, iniziai a tranciare farfalle. Kira ruggì, e subito dopo di me si gettò nella mischia, mordendo e graffiando gruppi immensi di farfalle. Mia aveva raggiunto Aurora, e dopo essersi guardate, una tirò fuori due pugnali, e l’altra denti ed artigli. Mia sorella mi raggiunse subito dopo, mulinando anche lei le sue mani, sulle quali erano spuntati artigli simili ai miei, ma non immersi nel verde del veleno che mi ritrovavo. Emma e Leprecauno affiancarono Aurora e Mia, una con il suo bastone, l’altro anche lui con denti ed artigli. Era la prima volta che combattevo in questo modo. Era diverso da quando perdevo il controllo, se quello può essere considerato un combattimento. Ero in perfetta sincronia sia con il mio demone sia con gli altri. Le farfalle però sembravano infinite, ed anche se avevamo procurato ai nostri amici uno spazio in cui poter respirare, non avremmo potuto resistere per sempre. Anche se tentava di dare il massimo, Anne stava iniziando a vacillare. Era un’umana dopotutto, più debole di noi nel resistere al veleno, e anche io iniziavo a sentire i polmoni bruciarmi, e sapevo che non avrei potuto continuare a lungo. In tutto questo non riuscivo a vedere Sei, ma non potevo preoccuparmi di vederla, se mi fossi girato anche solo un attimo le farfalle mi avrebbero preso d’assalto, ne ero certo. Sentivo che Sei lanciava onde di purificazione come quelle che usava nel giardino, ma si facevano sempre più deboli. Forse era per questo che non poteva aiutare sempre. All’epoca mi maledissi per non esserci arrivato prima. Era logico! Se la maggior parte dell’energia la utilizzava per tenere a bada il suo demone, quanta gliene rimaneva? Di sicuro poca. La mia vista era quasi completamente offuscata dalle farfalle. Sentivo una sensazione di nausea, e percepivo di essere sempre più debole. Da quanto stavamo combattendo? Non ne avevo idea. Quello che sapevo era che non potevo assolutamente mollare, non se in ballo c’era la vita dei miei compagni. Forse dopo quella battaglia non mi avrebbero più considerato un amico, ma io avrei comunque continuato a considerarli tali. Questo lo sapevo. Vedevo ancora Anne, ed in quel momento la vidi inciampare e cadere. Non potevo coprire la mia posizione e la sua contemporaneamente. Il cerchio che avevamo formato intorno ai nostri amici si era spezzato. Era finita. O almeno era quello che pensavo. Sentii improvvisamente un altro urlo, seguito da un’onda di energia stranissima, che spazzò via le farfalle e purificò il veleno. Mi girai. Era stata Sei. La vidi con le lacrime agli occhi. E in quel momento capii. L’onda che aveva lanciato non era strana. Era formata dall’energia spirituale, ma anche da quella demoniaca. Intuii che non aveva mai fatto niente di simile prima. Ma quando pensavo che avessimo vinto sentimmo una voce sconosciuta: – Bene bene. E così, davanti alla mia porta, ecco che arriva la famosa figlia del Lanaya. Lo chiamavano demone per eccellenza, dalle mie parti. Mi hanno sempre detto di imitarlo. Di cercare di tenere sotto controllo la mia forza demoniaca, in presenza di umani. Ma io adoro la mia forza demoniaca. Qualunque farfalla è ai miei ordini. D’altra parte, quale farfalla non obbedirebbe al grande demone Chou, che le comanda?
Fine parte 8
Alys
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