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La Nostra Storia – parte 4

3 Febbraio 2018 by admin_rapsodia 1 commento

Autrice del disegno: Alessandra Mosca

– Tu… – iniziammo in coro io e mia sorella, ma fummo puntualmente interrotti da Nadine, o meglio da Sei, che ancora una volta ci precedette: – Iniziate con una domanda alla volta ed evitate le esclamazioni per favore.

A quelle parole entrambi ammutolimmo, ma io mi ripresi pochi secondi dopo avanzando una domanda: – Perché ci avete portati qui? È impossibile che sia un caso, quindi pretendo una risposta.

– Più che giusto, è un vostro diritto. Cominciamo con il dire che io non voglio guai, e quella volta in palestra hai fatto rischiare grosso a tutti noi.

– Aspetta! Vuoi dire che voi tutte siete…! – esclamò Sheila, più impaurita che sbalordita.

– Niente affatto. I mezzi-demoni presenti in questa stanza, siamo io, Aurora, e tu stessa. Nessun altro.

– Cosa stai dicendo!? Anche io, a mio discapito, sono un mezzo-demone come mia sorella! – pronunciai queste parole con ira, poiché detestavo scherzare su questioni simili.

– Comprendo che sia difficile da capire e da accettare, ma ascoltatemi prima di trarre conclusioni affrettate: come ho già detto, i mezzi-demoni che si trovano in questa stanza sono la sottoscritta, Aurora, e Sheila; per quanto riguarda Emma ed Anne, loro sono esseri umani purissimi, e con una forza spirituale sopra la media, Leprecauno e Mia sono animali demoniaci, ovvero animali con sangue in parte demoniaco, Kira è un demone di basso rango, e per finire ci sei tu. Tu sei un caso molto raro, e mi hai costretto a fare qualcosa che non avrei voluto fare. Tu sei un essere umano, ma nonostante questo ospiti un demone nel tuo corpo, della peggior specie, per giunta: si tratta di un demone-assassino. Tu non hai idea di ciò che ti ho fatto in quella palestra, quando hai perso il controllo, giusto?

Ancora un po’ confuso strabuzzai gli occhi e feci segno di no, poiché effettivamente non sapevo che esistessero formule per paralizzare demoni come il mio. In quel momento Kira aprì gli occhi, grandi occhi gialli con una pupilla sottile come quella di una gatta comune, ma la cosa che mi fece sussultare non fu questa, ma il fatto che manteneva gli occhi socchiusi, semiaperti, e l’espressione che si dipingeva in quel modo su quel piccolo musetto zannuto, diveniva intelligente ed allo stesso tempo interessata alla conversazione, in modo vagamente inquietante, per quanto mi riguardava. Ma Sei continuò senza badare troppo alla mia reazione: – Immagino avrai notato che negli ultimi tempi il tuo demone non ti ha più dato fastidio, ad esclusione di alcuni momenti in cui potresti essere stato particolarmente arrabbiato. – Annuii, non ne avevo parlato a Sheila per non farla preoccupare, ma avevo inteso che qualcosa era successo al mio demone, in quella palestra: – Bene, il motivo per cui non si è più ribellato è che ora sono l’alpha del tuo demone. La padrona del tuo demone, se preferisci. In pratica, qualsiasi cosa io dica, il tuo demone ti costringe ad obbedirmi.

Rimasi sinceramente scioccato da quella rivelazione, inoltre, dal momento che non avevo afferrato bene il concetto, chiesi a Sei se potesse gentilmente avere la pazienza di rispiegarmelo o di farmi un esempio, ma dopo mi pentii amaramente di averle dato quest’ultima opzione: – D’accordo, ti faro un esempio. Uccidi tua sorella.

Improvvisamente sentii il mio demone muoversi dentro di me e prendere il controllo del mio corpo con la stessa facilità con cui avrei potuto bere un bicchiere d’acqua. Mi avventai contro mia sorella, sollevai la mano destra per colpirla, e nel farlo scoprii di aver afferrato una penna dalla scrivania, anche se non ricordavo quando. Vidi il suo volto preso dal panico di chi pensa che ormai sia arrivata la sua ora. A nulla valse il mio di panico, quello che avevo mentre cercavo disperatamente di riprendere il controllo, quando, un secondo prima che la punta acuminata della penna, brandita dalla mia mano, iniziasse a tranciare il collo della mia adorata sorellina, sentii una voce che mi sembrò quella di una dea scesa in terra, che disse: – Fermo – ed il mio corpo si bloccò, mentre il mio demone mi cedette docilmente il controllo sui miei arti, sentii di essere totalmente impotente, e completamente alla mercé di Sei. Anne, Aurora ed Emma assunsero delle facce dalle quali si capiva benissimo che erano in disaccordo con il tipo di esempio che mi aveva dato, ma continuarono a non dire nulla, forse per il motivo che aveva fermato Emma dall’urlare nell’interfono, prima.

– Se desideri lamentarti, non farlo, – disse Sei – poiché la colpa di tutto questo è esclusivamente tua.

Riflettei sulle sue parole, e nel farlo mi resi conto che aveva ragione. Ero stato io quello che aveva perso il controllo, quel giorno, la causa non era importante. Ero stato io a far rischiare la morte alle persone che erano presenti quel giorno. Avevo anche fatto rischiare il carcere a tutte le persone che in quel momento erano in quella stanza. Sei aveva più volte ribadito, nella conversazione di quella sera, che non avrebbe mai voluto diventare l’alpha del mio demone, ma era semplicemente stata costretta a farlo dalle circostanze. E le circostanze le avevo provocate io. Ma la causa della mia provocazione era stata lei. E neanche lo sapeva. Stavo iniziando a pensare di dovere delle scuse a tutti i presenti, persino a me stesso, quando Sei troncò il silenzio che intanto era sceso nello studio con la più inaspettata delle domande: – È curioso, comunque. Sei riuscito a mantenere il controllo, oppure a non farti beccare, fino a quel giorno. Perché hai perso il controllo quel giorno, Gray?

Quella domanda mi spiazzò completamente. Ad esclusione del fatto che non mi aspettavo una simile curiosità da parte di quella misteriosa ragazza, non avevo idea di cosa risponderle! Dirle la verità, ovvero che l’amavo senza neanche conoscerla? Era fuori discussione! Non ero pronto a confessarle il mio amore, ed all’epoca non sapevo neanche se sarei mai stato pronto! In preda al panico, provai ad inventare una bugia qualsiasi, ma sperai in un miracolo, perché già sapevo di essere il peggior bugiardo dell’universo: – Ecco… io… insomma… in realtà credo di essere stato geloso dei ragazzi di quella scuola, perché loro avevano una famiglia ed io e Sheila no!

Un secondo dopo aver pronunciato quelle parole mi resi conto di aver esclamato l’ultima parte, ed arrossii dalla vergogna, ma anche dalla rabbia di non aver saputo fare una buona impressione su Sei. Ormai ero certo che mi avrebbe smascherato seduta stante, e mi avrebbe rifatto la domanda, quando invece mormorò, fra se e se: – E così eri geloso…

Ma capii che non mi credeva, stava solo giocando con me come fa un gatto con il topo che ha catturato, appena prima di mangiarlo. Intuii che voleva aspettare, vedere quanto fosse durata la mia messa in scena, ed una volta che l’attesa fosse finita, scoprire la verità. All’epoca nessuno di noi due sapeva che quella messa in scena sarebbe durata un anno o più. Mentre la osservavo, mi resi conto che indossava abiti diversi da quelli che portava a scuola: aveva indosso un abito da sera rosso, che partiva da sotto le spalle ed in questo modo le lasciava buona parte della schiena scoperta, un nastro d’egual colore le legava i capelli, radunati a cipolla sopra la testa; le sue orecchie erano ornate di perle rosa chiaro racchiuse in una decorazione d’argento, e il filo di una collana con un pendente le scendeva verso il petto, finendo poi coperta dalla stoffa pregiata. Non avevo visione delle scarpe, ma era probabile che fossero delle scarpe con il tacco da abbinare all’abito. Le mie riflessioni sulla sua incredibile bellezza vennero interrotte da Emma, che, ad occhio e croce, era caduta nel mio trabocchetto, convinta che avessi detto la verità: – Tranquillo Gray, ora anche tu hai una famiglia – mi rassicurò infatti, ma non feci in tempo a ringraziarla che soggiunsero le ragazze, che ormai avevo già identificato come Aurora ed Anne. Dopo essersi presentate anche loro ufficialmente dissero: – Comunque Emma… credi davvero che la nostra possa essere considerata una famiglia normale? Per loro sarebbe di certo meglio non avere niente a che vedere con noi ed essere dei normali umani.

“Credimi non scambierei questa famiglia con nessun altra, neanche per tutto l’oro dell’universo!” fu il primo pensiero che mi venne in mente, ma mi guardai bene dal pronunciarlo ad alta voce.

– Lasciamo perdere… Nadine, perché sei vestita così elegante? Neanche quando puoi girare liberamente in casa ti vesti in questo… ehm… modo particolarmente elegante. – domandò Emma, alquanto incuriosita.

– Tranquilla cagna da guardia, non sto andando ad un appuntamento romantico. Ma stasera ceno fuori, mi hanno invitata ad un gala dove sarà presente il Ministro degli Esteri, che da tempo sospetto coinvolto in un traffico di cocaina. Voglio solo fargli bere un bicchiere di troppo ed estorcergli qualche informazione, nient’altro.

– Allora ti servirà il mantello, nel caso confessi – si intromise Aurora.

– Non servirà – continuò Sei – il traffico è grande, non mi interessa la complicità del ministro, voglio i pezzi grossi. Quando li troverò ed il traffico sarà fermato, ammetto che potrei averne bisogno per aiutare la polizia con i complici rimanenti, nel caso tentassero la fuga.

Io e Sheila eravamo rimasti ad ascoltare a bocca aperta le ultime frasi di quella conversazione, senza trovare la forza per una sola domanda.

– Si sta facendo l’ora, l’autista mandato a prendermi sarà qui da un momento all’altro… – fu interrotta dal suono del campanello – Come volevasi dimostrare.

Si alzò, e ci recammo tutti nell’atrio. Mentre Sei prendeva un mantello fucsia dall’appendiabiti, Emma disse: – Ti prego, stai attenta.

– Cosa credi, sono una professionista, e poi non posso certo far rischiare anche voi. Ah, fatemi il favore, fate il punto della situazione a quei due, se ne stanno imbambolati come due babbei, ed io non voglio pesi inutili in casa mia. Anne, domani mattina fagli iniziare un addestramento di autodifesa. Aurora, manda quelli del tuo clan in esplorazione, voglio essere sicura che non si presentino complicazioni. Emma io sarò di ritorno verso l’una, ma non preoccuparti di lasciarmi aperto, mi porterò le chiavi. Per quanto riguarda voi due, vedete di impegnarvi nell’addestramento, se otterrete un buon risultato potremmo pensare di farvi passare clandestinamente attraverso il confine più vicino e procuravi un lavoro.

Dopo aver visto che Emma, Anne e Aurora annuivano, rivolse un breve cenno di saluto, e salì sull’auto. In quel momento mi sembrava di essere l’idiota più idiota del mondo: avevano parlato di cose che a me sembravano incredibili, per esempio il traffico di cocaina, come fossero cose giornaliere, né più né meno strane dell’andare a raccogliere un giornale che il fattorino ti consegnava la mattina. Così avanzai una domanda, per quanto assurda mi sembrasse, e chiesi: – Ma non è che fate parte dei servizi segreti o roba del genere?

A questa domanda tutte e tre scoppiarono a ridere, tuttavia non trovai alcuna traccia di rimprovero, per una domanda stupida come questa, nello sguardo che mia sorella mi stava riversando addosso. Sembrava confusa quanto me, se non di più, ma anche molto impaurita. Sei doveva averla spaventata quando aveva parlato del passaggio clandestino. Mi dispiaceva per Sheila, ma sapevo che se l’avessi consolata in pubblico, non avrei fatto altro che farla sentire peggio. Così attesi pazientemente che la situazione fosse spiegata, o meglio che ne fosse fatto il punto per noi, come aveva chiesto Sei. Dopo due minuti passati a ridere (avevo fatto una grande battuta per loro anche se all’epoca non lo sapevo), Emma ed Aurora andarono in cucina a preparare la cena, ed Anne iniziò a spiegarci come stavano veramente le cose.

Fine parte 4

Alys

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  1. La Nostra Storia – Indice delle puntate ha detto:
    26 Marzo 2018 alle 09:21

    […] >> Quarta parte […]

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