
Ciò che sto per raccontare è accaduto un po’ di tempo fa. In verità credo che ormai sia passato almeno un anno da quando la mia vita ha avuto una grande svolta, come quella di tutti gli altri esseri umani presenti sulla Terra, d’altronde. In realtà avrei voluto che qualcun altro scrivesse di questi avvenimenti, non io. Io non sono mai stato particolarmente dotato per la scrittura, quella dotata è sempre stata “lei”. Infatti l’avrò pregata almeno mille volte di scrivere un racconto su quello che è diventata la nostra comunità, un racconto in cui narrasse la nostra storia, la storia di tutti noi. Ma alla fine dopo mille scuse lei mi ha detto: – Se ci tieni tanto che qualcuno racconti la nostra storia e ciò che siamo, perché non lo fai tu?
Così ho deciso di provarci. Noi siamo… in realtà è molto complicato da spiegare. Molti ci definiscono “Infetti” o “Contaminati”, queste parole però creano una grande confusione. Non posso e non voglio negare che noi siamo diversi, ma non siamo come i vampiri o i lupi mannari nelle storie di paura che si raccontano ai bambini. Noi non possiamo infettare la gente, al massimo alcuni di noi possono possedere i corpi delle persone (ad esempio imprigionando le loro anime in qualche modo) ma non arriviamo a poter fare di più e sarei disposto a giurarlo.
Noi vorremmo poterci definire “demoni” ma non è il termine esatto. I “veri demoni” sono ormai rarissimi, ed ogni volta che ci trovano non esitano a chiamarci “mezzi-sangue”, o “mezzi-umani”. Noi ci definiamo “mezzi demoni”, ibridi, per metà umani, per metà demoni. In moltissimi ci odiano ma fortunatamente i pochi umani e demoni che fanno parte del nostro gruppo ci rispettano.
Perché la gente ci odia? Pregiudizi, per lo più. Alcuni demoni ci odiano perché noi abbiamo anche sangue umano nelle vene, quindi siamo deboli come umani. Insomma, qualunque umano è debole davanti a un demone di conseguenza per un mezzo demone non c’è differenza. Gli esseri umani invece ci odiano perché non possono capire cosa siamo realmente, per loro siamo semplici demoni tutti uguali, tutti nemici sanguinari da sterminare.
In realtà è proprio per questo che, qualche secolo fa, chiunque avesse sangue demoniaco nelle vene scomparve. Da quel poco che so accadde che il numero di umani stava aumentando drasticamente rispetto ai demoni, così essi capirono che per la loro generazione non c’era più speranza, e che se volevano vendicarsi degli umani avrebbero dovuto trovare uno stratagemma per le generazioni future. I più stupidi morirono combattendo, mentre i più saggi e potenti si riunirono in consiglio, discussero a lungo, e presero una decisione. Completati i preparativi per il loro piano, si unirono ai combattimenti, e per noi morirono da eroi. Voglio dire, noi non esisteremmo, se non fosse stato per loro. Il loro piano era permettere alle loro aure, con un incantesimo, di restare sulla Terra, una volta che i loro corpi morti sarebbero stati cremati (come allora usavano fare gli umani con i demoni in modo che essi non si reincarnassero, secondo una credenza ancor più antica di quei tempi), così da coprire quelle dei futuri demoni e di “sopirle”.
Forse però è meglio iniziare “dall’incidente” del 14 marzo del 2018 (tenete in conto che io sto scrivendo tutto questo nel 2019).
Molti la chiamano “Morte-Vita”, un’onda d’urto gigantesca proveniente da una città morta del Giappone, che quel giorno avvolse l’intero pianeta. Non provocò alcuna morte. Dopo una settimana, tutti avevano iniziato a pensare che l’onda non avesse avuto alcun impatto sul pianeta. Si sbagliavano. Iniziarono a succedere fatti strani. Ragazzi, bambini ed adulti iniziarono ad avere poteri sovrannaturali, così furono portati in laboratori di ricerca. Troppe persone erano demoniache, ma ognuna di esse fu portata via. Per gli animali non si facevano alcun problema, li uccidevano e basta se mostravano di essere demoniaci o veri e propri demoni di basso rango. Iniziammo a nascondere i nostri poteri, o a nasconderci noi stessi.
Io e mia sorella scoprimmo presto ciò che siamo. Lei era molto simile a me per quanto concerne l’aspetto fisico: avevamo entrambi la pelle abbastanza chiara, e capelli neri che portavamo corti; ma i suoi occhi erano diversi dai miei, erano occhi rossi, simili a sangue appena sgorgato da una ferita aperta.
Credevamo di essere mezzi-demoni. All’epoca non sapevamo che razza di demoni eravamo, e neanche ci interessava: eravamo orfani, e non potevamo permetterci di farci scoprire, quindi ci sforzavamo disperatamente di sembrare normali. A volte c’erano attimi in cui perdevamo il controllo, ma ci bastava raggomitolarci in un angolo, e finiva tutto lì. Almeno per Sheila, mia sorella. Per me funzionò per poco tempo. Non sapevo perché, ma il mio demone era assetato di sangue, ed io stavo arrivando al mio limite.
In quel periodo l’edificio scolastico dell’orfanotrofio era crollato, così ci spostavamo ogni mattina in un edificio che ospitava tre scuole e lì ci veniva lasciata qualche aula vuota per fare lezione. Un giorno andammo a fare educazione fisica in cortile, ed incontrammo una classe del posto. Mentre correvo, avevo preso ad osservare gli studenti uno per uno, incuriosito. Una ragazza particolare catturò la mia attenzione: aveva un’aura strana, che non avevo mai percepito prima, ed era anche bellissima. La stavo osservando quando sbattei contro qualcosa, o meglio, qualcuno.
– Ehi voi due! Si può sapere dove stavate guardando!?
Ero un po’ stordito ma riaprii gli occhi in fretta per capire meglio cosa stava succedendo: davanti a me c’era un ragazzo di bassa statura con capelli castani e occhi marroni, e vicino a lui c’era una professoressa che sembrava essere né troppo vecchia né troppo giovane e gli stava dicendo:- Santo cielo, Artù! Come credi di poter partecipare al campionato nazionale se ti alleni in questo modo!? Quando corri guarda davanti a te!
– SVEGLIA! Sto parlando con te, signorino!
In quell’esatto momento mi accorsi che la mia professoressa mi stava parlando, chissà da quanto tempo… Le due professoresse ci fecero alzare, ci fecero scusare a vicenda per l’inconveniente, si scusarono fra di loro per la mancata attenzione ed ogni classe tornò al suo programma.
Mentre eravamo seduti ad ascoltare la professoressa che ci spiegava come fare un esercizio, sentii una voce che mi chiamava: – Ehi Gray! – a parlare era stato un ragazzo paffuto e grassottello che non conoscevo molto – Ehi!- continuò sussurrando, – Andiamo Gray, sono io, Ciccio!- e così dicendo mi si avvicinò senza farsi vedere dalla professoressa:- Ti ho visto che guardavi una ragazza! Ti piace vero? Sei innamorato di lei? – lo disse come se fosse la cosa più naturale del mondo, il che mi fece imbarazzare abbastanza da arrossire, dal momento che non mi era mai successo di prendere una cotta. Decisi di essere sincero e così gli dissi: – È molto bella ma non sono sicuro di esserne innamorato, voglio dire, non la conosco neanche!
– D’accordo, d’accordo, come vuoi. – replicò Ciccio, con un occhiolino che mi fece arrossire ancora di più – Però volevo solo avvertirti. Il tipo con cui ti sei scontrato, quello bassetto, stava guardando anche lui quella ragazza quando vi siete scontrati! Io non insisterò, volevo solo informarti. Ricordati che sono anche in classe insieme, comunque.
Ora, all’epoca, non conoscevo ancora il potere dell’amore, per cui non capii perché le parole di Ciccio mi misero addosso un’ansia ed una rabbia tale, e subito guardai la classe, che era a pochi metri di distanza, per accertarmi di ciò che il mio compagno mi aveva comunicato, e vidi. Le persone che separavano quella bellissima ragazza da quel ragazzo, che in quel momento avrei volentieri insultato, erano all’incirca otto, e mettevano un bella distanza fra i due; tuttavia per ragioni che in quel momento non comprendevo, mi sembrò che fosse una distanza totalmente inadeguata. Stavo per elaborare una qualche sorta di piano per farli allontanare ancora di più, quando d’improvviso sussultai. Sentii un dolore fin troppo familiare al petto, e chiesi alla professoressa se potevo andare in bagno perché mi sentivo male. Mi parve di percorrere la distanza che mi separava dal bagno in un’eternità. Una volta dentro alzai la testa e mi guardai allo specchio, fra una fitta di dolore e l’altra. In condizioni normali sarei stato un ragazzo con un aspetto come minimo decente, ma in quel momento pensai di essere la persona più brutta del pianeta: con i capelli neri arruffati e appiccicati alla fronte sudata, e il viso che si contraeva in smorfie di dolore. Per non parlare poi dei miei occhi, verdi, mia sorella mi aveva sempre detto che sembravano smeraldi, ma io li vedevo riflessi in quello specchio, con un’espressione impaurita, di una persona incapace di controllare una maledizione che ha dentro; in uno di essi, il verde aveva cancellato iride e pupilla, andando ad occupare anche lo spazio che di norma sarebbe stato bianco. Sentivo dentro di me la mia aura demoniaca che stava crescendo: ero nel panico. E in quel panico restai fermo, con uno sforzo gigantesco, concentrandomi sul perché non potevo lasciare il mio demone libero, sul perché non potevo suicidarmi e lasciar perdere quella vita che sembrava non avere nulla da offrirmi: Sheila. Fino a quel momento mia sorella era stata la mia unica motivazione di vita, la mia dolce sorellina, avevo sempre cercato di darle il meglio, le avevo sempre fatto non solo da fratello, ma anche da padre. Però adesso vedevo un’altra ragione per non lasciare questo mondo: quella ragazza bellissima. In quel momento sentii che c’era una nuova luce di speranza che si accendeva in me, la speranza dell’amore, quel sentimento che non può mai cambiare, se vero, quel sentimento che rimane costante anche se non ricambiato, quel sentimento eterno.
Fine parte 1
Alys
Ho letto tutto d’un fiato e mi è dispiaciuto giungere alla fine.
…aspetto la parte 2.
Brava Alys,
Apriti a quel sentimento eterno, fallo sentire.
Per sempre vicino..a dispetto della distanza.
Luis.
e questo è solo l’inizio…vai Alice vola! <3
Brava Alice! Un racconto ben scritto, ricco di particolari e pieno di fantasia. I dialoghi sono articolati e interessanti. Considerando che hai solo 15 anni…complimenti.
Continua così che sei sulla buona strada!