Giunto il suono dell’ultima campana scolastica, e trascinatomi fuori dalla scuola, insieme ai miei commilitoni, realizzai con mestizia che questa giornata allucinante non mi avrebbe dato un minimo di riposo. Questo pomeriggio, come quelli precedenti, sarebbe stato dedicato ad un maledetto studio matto e disperatissimo, nella speranza di affrontare l’alta marea che era il periodo delle interrogazioni. È a causa di questa fase del ciclo scolastico che non provo più pensieri positivi: infatti come posso averne, mentre mi esaurisco per non annegare negli impegni tempestosi della scuola? Nessuno deve sorprendersi se sono stufo di non potermi riposare, e stizzito di non potermi dedicare liberamente alle mie passioni. La frustrazione di fatto è inamovibile, nonostante provi a bilanciarla con pensieri alti e positivi, ad esempio sapere di studiare il meglio dello scibile umano in una scuola tanto prestigiosa, o la felicità di incontrare persone incredibili capaci di arricchire la mia anima.
E mentre la mia mente si rivolta in questi pensieri, come una botte in un mare in tempesta, una goccia solitaria cade dal cielo; e appena mi accorgo di lei, eccone altre che vengono a farle compagnia.
La pioggia inizia a cadere, le sue gocce colpiscono le persone come frecce infuocate, e gli ombrelli, alzati quasi all’istante, diventano gli scudi di questi moderni cavalieri. Quando anch’io alzo il mio nero e leggero scudo, il rumore della pioggia che batte sul telo inizia a rilassarmi; e così, nell’armonia di questo suono, inizio a perdermi piano piano. Lentamente riscopro la calma e la pace, che erano a me ormai estranee e aliene. Trovo improvvisamente in me stesso un nuovo desiderio, ovvero che questa calma possa nascondere il più a lungo possibile. il caos della mia vita quotidiana, anzi, che possa sostituirsi ad essa, cancellando per sempre l’ansia quotidiana che mi attanaglia. La mia mente prova a farmi desistere da questo desiderio, richiamando la memoria delle cose belle che la vita mi ha offerto e mi offre ancora, quelle che finora mi hanno sempre spinto ad navigarla. La ignoro, poiché ormai ho dimenticato che questi pensieri appartengono a me; e così mi accingo a lasciarmi completamente andare alla dolce calma annegante della pioggia. La libertà è quasi vicina…. Ma a un tratto mi accorgo dell’umida pesantezza dei miei vestiti, e di come io mi sia lasciato andare al capriccio del tempo.
Ora la punta del mio scudo è rivolta in basso. E così mi sveglio, terrorizzato per ciò che ho lasciato che mi accadesse, e con ragione riacquisita, alzo l’ombrello, per proteggermi dai lapilli della pioggia , e mi affretto a trovare un caldo bar dove asciugare e riscaldare le mie membra. Se ve lo chiedete, in questa situazione disturbante e raccapricciante sono capitato molte volte nella mia vita. Ho compreso che due cose mi hanno sempre salvato da questo abbandonarmi: il mio orgoglio, che inconsciamente mi porta sempre a risvegliare la mia coscienza, non sopportando che il suo padrone venga sconfitto da questa minaccia… e la paura.
Ciò che temo di più di una vita ansiogena, piena di impegni, caotica è una vita vuota, così scarna da porre il mio cervello in un agghiacciante e infinito immobilismo. Ed è quello in cui mi ritroverei, se mi abbandonassi a questo mio desiderio di calma totale. Ripristinata la mia volontà, e accettato il pomeriggio che verrà, accendo e indosso le mie cuffie. Metto una canzone, uno dei miei piaceri quotidiani preferiti, e parto verso ciò che mi attenderà, con la convinzione che alla fine del percorso tutta la fatica spesa per vincere le interrogazioni e questa mia malsana attitudine allo stordimento non sarà stata vana.
Luigi Olivero (ID liceo classico)
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