La violenza sulle donne è una piaga che, nonostante le battaglie di sensibilizzazione e gli interventi legislativi, continua a segnare tragicamente il nostro tempo. Nel 2024, tra gennaio e dicembre, si sono verificati centoquattordici femminicidi e cinquantatré tentati femminicidi. Il primo femminicidio dell’anno è stato quello di Rosa D’Ascenzo, a Sant’Oreste, nel Lazio, mentre l’ultimo è avvenuto il 19 dicembre nelle Marche, dove Emanuela Massicci è stata brutalmente uccisa. Tra le vittime, secondo l’Osservatorio Nazionale Non Una di Meno, la più giovane aveva appena tredici anni, mentre la più anziana ne aveva ottantanove. Quattro di loro erano sex
worker, sedici convivevano con gravi disabilità. Dodici donne avevano già denunciato episodi di violenza, stalking o persecuzione nei mesi precedenti alla loro morte, segno di un sistema che ancora fatica a garantire protezione effettiva. Inoltre, dieci bambini hanno assistito al femminicidio della madre, e quarantasei minori sono rimasti orfani.
Alcuni casi hanno trovato giustizia. È il caso di Giulia Tramontano e del piccolo Thiago, il cui assassino è stato condannato all’ergastolo, così come Filippo Turetta, responsabile dell’omicidio di Giulia Cecchettin, seppur le aggravanti di premeditazione siano state respinte. Tuttavia, altre donne e famiglie non hanno ricevuto le risposte e la giustizia che meritavano. Eppure, qualcosa si muove. La società sta iniziando a reagire. La violenza sulle donne è sempre più presente nei dibattiti pubblici e nei media.
Campagne di sensibilizzazione come la Fondazione Giulia Cecchettin, numeri di supporto e centri antiviolenza sono più visibili, stampati perfino su confezioni di prodotti quotidiani venduti al supermercato. Questo aumento di consapevolezza è il primo passo per combattere il silenzio e l’indifferenza.
Ma non basta. Ogni femminicidio è una sconfitta per tutti noi. La prevenzione e l’educazione sono fondamentali: scuole, famiglie e istituzioni devono collaborare per insegnare il rispetto, l’uguaglianza e il valore della vita. Solo con un cambiamento culturale profondo possiamo sperare di scrivere un futuro in cui nessuna donna debba più vivere nella paura.
Per ora, però, resta un imperativo: ascoltare, denunciare, agire. Solo così possiamo rendere giustizia a chi non c’è più e proteggere chi ancora lotta per la propria libertà e dignità.
Ginevra Ricci (ex redattrice)
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