La stagione d’opera del Teatro Verdi di Pisa 2024-25 è iniziata nel weekend del 25-27 ottobre con l’Andrea Chénier.
L’opera, scritta nel 1896 da Umberto Giordano, è ambientata tra la Rivoluzione Francese e il successivo periodo del Terrore e racconta l’amore tra Maddalena di Coigny, una ricca e giovane contessa, e il giovane poeta Andrea Chénier.
Nel primo atto i due protagonisti si conoscono a una festa organizzata dalla madre di Maddalena. In quell’occasione il maggiordomo dei conti di Coigny, Carlo Gérard, odiando la famiglia, la nobiltà e l’essere servo ma amando segretamente la contessina, prima si allontana dal castello e poi vi fa ritorno irrompendo con un gruppo di rivoluzionari.
Nel secondo atto, a distanza di anni, nel periodo del Terrore, Gérard è diventato un capo e fa pedinare Chénier da un “Incredibile” perché lo vuole incastrare. Maddalena, rimasta orfana e priva di mezzi, vive di stenti grazie all’aiuto della fedele serva. Ricorda ancora le parole di Andrea Chénier sull’amore e sulla patria e cerca, scrivendogli lettere anonime, di riceverne protezione. Andrea, che dovrebbe fuggire dalla Francia, decide di incontrarla invece di fuggire; i due trovano l’amore ma irrompe Gérard e i due uomini si sfidano a duello: Gérard viene ferito e consiglia ad Andrea Chénier di scappare perché, anche se lui chiuderà un occhio, i rivoltosi lo cercheranno.
Il terzo atto raffigura una Rivoluzione in difficoltà, bisognosa di soldati e di denaro; ormai guarito ma ancora innamorato di Maddalena, Gerard viene indotto dall’”Incredibile” ad accusare Andrea Chénier, nel frattempo scappato e arrestato. Come previsto dall’”Incredibile”, alla notizia dell’arresto dell’amato, Maddalena raggiunge sconvolta Gerard e si offre a lui in cambio della vita di Andrea. Gerard è colpito da tale atto d’amore e decide di ritirare la sua denuncia ma la condanna a morte viene comunque emessa.
Ambientato nella prigione, il quarto atto vede Andrea Chénier prepararsi alla morte; Maddalena decide di sostituirsi ad un’altra condannata a morte per morire con lui. I due serenamente e amandosi vanno incontro alla morte.
L’Andrea Chénier è un’opera molto molto bella, sia nella trama che nelle musiche e nei contenuti. Guardando questa rappresentazione al teatro Verdi di Pisa, domenica 27 ottobre, il tempo è semplicemente volato, così tanto che gli intervalli sono sembrati più lunghi dell’opera stessa.
Sceneggiatura pressoché eccellente; dal secondo atto in poi c’è sempre stata la presenza di fumo soffuso che rendeva l’effetto di freddezza e di guerra del periodo del Terrore, rendendo l’atmosfera perfetta. Anche i costumi erano molto curati e ben fatti.
Gli interpreti sono stati tutti molto bravi, in particolare al tenore (Andrea Chénier) e al baritono (Gérard) vanno le lodi maggiori senza ombra di dubbio. Ovviamente anche il resto dei cantanti e delle comparse sono state eccelse; una menzione d’onore va anche al coro, ottimo anche questo.
L’unico punto dolente di questa opera è stata l’orchestra. Di certo non si può dire che sia stata pessima, anzi il contrario: i musicisti hanno suonato molto bene le composizioni ma c’è stato un enorme problema, cioè che la musica soprastava la lirica. La musica finiva spesso a coprire il canto degli interpreti, a volte sforzato e, se non fosse stato per i sottotitoli, in alcuni momenti non si sarebbe proprio capito. Nella lirica la musica deve essere l’accompagnamento del canto, così che ci sia un’armonia equa e piacevole; ma in quest’opera non c’è stata questa bella armonia purtroppo.
Per quanto riguarda i contenuti, oltre al classico tema dell’amore tragico e della morte, ne spiccano altri due: il patriottismo e la delusione. Entrambi sono rintracciabili nel terzo atto: il primo è manifestato da una vecchia cieca che, anche se aveva già perso il figlio in battaglia, chiede venga fatto arruolare anche il nipote, evento tragico ma estremamente patriottico. Il secondo trova espressione nella figura di Gérard: Gérard prima della rivoluzione è deluso perché servo di una nobile famiglia; dopo la rivoluzione, nel Terrore, resta sempre deluso perché si accorge di essere servo ma questa volta della rivoluzione stessa e del tribunale della morte.
Alessandro Simone (classe 3B – liceo classico)
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