Analisi del processo di globalizzazione dalle sue cause ad i suoi effetti, fino alla guerra commerciale degli Usa contro la Cina che rappresenta la crisi delle democrazie liberali occidentali in quanto sta sfuggendo loro l’egemonia mondiale
Le caratteristiche della globalizzazione neoliberista
La globalizzazione è stata definita come un processo di integrazione e interconnessione fra Stati in ambito economico, politico e culturale. È un complesso processo che negli ultimi 40 anni ha modificato il sistema produttivo mondiale e le condizioni di vita di milioni di persone.
In ambito economico consiste nell’apertura dei mercati internazionali con la liberalizzazione degli scambi di merci e servizi e degli investimenti di capitali che ha prodotto l’aumento dei commerci e delle transazioni finanziarie, diffondendo a livello globale lo stesso modello culturale e gli stessi oggetti di uso quotidiano. Ha portato la creazione di un unico spazio economico mondiale dove si spostano liberamente merci, capitali, informazioni e persone, anche se in realtà la libertà di movimento su scala globale riguarda solo gli abitanti del Nord economico e i più facoltosi del Sud, mentre la gran parte dell’umanità ne è rimasta esclusa.
Dal punto di vista politico ha fatto si che gli Stati entrassero in crisi in quanto il potere decisionale viene esercitato dagli organismi sovranazionali (es. Unione Europea e Nato), si è creata quindi la crisi Stato Nazione, in quanto vi è stata una cessione di sovranità a beneficio di organismi sovranazionali.
Dal punto di vista culturale, attraverso i mezzi di comunicazione e i modelli di consumo, ha permesso la diffusione in tutto il mondo della cultura occidentale del consumismo soprattutto la diffusione della cultura americana “McWorld, favorendo tuttavia anche l’incontro e la condivisione di usi, costumi, cibi, oggetti e abiti provenienti da diversi parti del mondo.
I fenomeni che hanno reso possibile la globalizzazione sono stati molti, il primo fra tutti è stata la diffusione delle politiche neoliberiste in campo economico e commerciale. Le politiche neoliberiste sostengono la necessità di ridurre gli interventi dello Stato nell’economia promuovendo il mercato privo di regolamentazioni e governato dalle sole forze di mercato senza interventi statali promuovendo la deregolamentazione, il libero scambio e la riduzione o abbattimento di barriere doganali, determinando di fatto la creazione di un unico sistema economico globale.
Poi la rivoluzione nel campo dei trasporti con riduzione dei tempi e dei costi di trasporto delle merci (determinata soprattutto dall’invenzione ad esempio dei container, un contenitore standard multimodale cioè che si adatta a varie modalità di trasporto navale, ferroviario, stradale); le innovazioni nel campo delle telecomunicazioni (tv satellitari e telefonia cellulare), la rivoluzione telematica con la diffusione della rete internet e la crescita delle multinazionali nel numero e nelle dimensioni.
Infine, l’estensione del capitalismo su scala globale a seguito del crollo del socialismo nell’est Europa (1989-91), la transizione della Cina all’economia di mercato avviata da Deng Xiaoping nel 1978 e lo sviluppo di associazioni economiche regionali come Unione Europea, Asean (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico), e accordi fra blocchi regionali come il Ceta (l’accordo di libero scambio fra Canada e Ue) e il Jefta (l’accordo di libero scambio fra Giappone e Ue).
La classificazione geoeconomica
La globalizzazione ha portato a una classificazione geoeconomica degli stati durante gli anni ’90 che individua due aree distinte: il Nord economico e il Sud economico. Il primo costituito da paesi ad economia avanzata tra i quali l’Europa occidentale, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Giappone, Canada, Stati Uniti e Israele, e dai paesi con economia in fase di transizione. Il Secondo invece è costituito da Paesi in via di sviluppo (Pvs), che hanno avviato un processo di trasformazione economica da una prevalentemente agricola, verso un’economia industriale. Sempre facenti parte del Sud economico abbiamo i paesi meno sviluppati (Pms) cioè quelli che hanno appena iniziato il percorso di industrializzazione tra cui Africa sub-sahariana, Yemen nella Penisola Arabica, Afghanistan in Asia centrale e Haiti nei Caraibi.
Tuttavia, questa prima classificazione è stata successivamente integrata da un’altra che sembra più idonea ad interpretare il cosiddetto Sistema globale. In base a quest’ultima si individuano tre aree geoeconomiche: il Centro che esercita il controllo sull’intero sistema (Europa occidentale, Australia, Canada Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud), la Periferia che svolge funzioni di fornitore di risorse primarie, minerarie, agricole, energetiche e la Semiperiferia che, parzialmente integrata al Centro, è stata interessata dalla strategia della delocalizzazione industriale da parte delle multinazionali del Nord (principalmente Asia orientale, sud-orientale e meridionale e Sud America).
I soggetti principali della globalizzazione sono le multinazionali, gli attori primari dell’intero processo, che sono imprese di grandi dimensioni che realizzano almeno il 25% del proprio fatturato all’esterno. Sono società che attraverso investimenti di capitali e filiali produttive attuano investimenti di capitale su scala globale. Sono caratterizzate da una struttura interna con vari livelli gerarchico-funzionali e sono strutturate con una casa madre al vertice, al cui interno si trova il centro direttivo dove si delineano le strategie aziendali, che in genere ha sede legale nel paese di origine, mentre quella fiscale sovente si trova nei paradisi fiscali.
Seguite dalle Global Governance composta da organizzazioni governative espressione delle volontà dei governi come: Onu, Organizzazione delle Nazioni Unite di carattere politico, WTO (organizzazione mondiale del commercio che si ispira a politiche neoliberiste), FMI (fondo monetario internazionale che finanzia il debito dei paesi), BM (Banca Mondiale fornisce prestiti per investimenti produttivi), G7 (gruppo dei 7 “grandi” occidentali), G20 che oltre al G7 raccoglie i paesi del Brics (il nuovo aggregato geoeconomico composto da Brasile Russia India, Cina e Sudafrica), oltre ad altre potenze emergenti o regionali, come Turchia, Messico e Indonesia.
Il Brics costituisce un gruppo di paesi con caratteristiche comuni che secondo gli scenari delineati nel 2001 dall’ideatore dell’acronimo, l’economista inglese Jim O’Neal, avrebbero dominato l’economia mondiale del secolo appena iniziato. Ed infatti i dati ci confermano che sono state le economie più in rapida espansione nell’ultimo ventennio. Nei loro vertici annuali ai massimi livelli discutono di problemi economici e internazionali e ad inizio 2024 hanno registrato l’adesione di Emirati Arabi Uniti, Egitto, Etiopia e Nigeria e Arabia Saudita.
Gli effetti della globalizzazione
La Globalizzazione ha avuto effetti positivi e negativi in tutti gli aspetti della nostra vita e solo per questo è importante analizzarli in dettaglio, ma ancor più perché ha generato profonde trasformazioni in ogni parte del pianeta.
Partendo dai primi possiamo affermare, dati alla mano, che a livello economico ha portato una rapida crescita di molti Paesi in via di sviluppo grazie alla diffusione dell’industrializzazione come Cina, India e altri paesi asiatici.
La Cina, in particolare, si è inizialmente industrializzata grazie alla manodopera a basso costo ma col tempo è diventato il principale esportatore mondiale ed i suoi prodotti ad elevata tecnologia nel settore della transizione energetica oggi sono i più competitivi, l’India invece è diventata un centro importante per le multinazionali dell’informatica.
Tuttavia, mentre da un lato si è assistito alla crescita economica dei Paesi in via di sviluppo, dall’altro lato si è assistito all’impoverimento degli Stati più deboli, quelli rimasti ai margini del sistema globale, e conseguentemente all’aumento delle disuguaglianze territoriali su scala globale. Infatti la globalizzazione ha portato, in alcuni casi, al peggioramento economico dei paesi più poveri, come alcuni africani, e si è determinato l’aumento delle differenze tra i paesi già sviluppati o che si stanno rapidamente sviluppando come quelli asiatici.
La globalizzazione ha inoltre portato al trasferimento di milioni di posti di lavoro dai paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, ciò ha contribuito alla riduzione dei salari e alla precarizzazione dei lavoratori del nord, creando enormi squilibri socio economici in vari territori.
Dal punto di vista culturale l’omogeneizzazione culturale sul modello occidentale ha portato al rischio di estinzione di tradizioni e lingue e innescando come reazione la crescita di movimenti fondamentalisti e integralisti come il Jihadismo ma non solo. Sono significativamente cresciuti anche i flussi migratori internazionali verso le aree economiche più sviluppate del nord economico ove in reazione, a seguito della sindrome della fortezza assediata, sono ripresi i nazionalismi e i populismi e sono aumentati fenomeni di xenofobia e razzismo.
In ambito politico come già detto si è arrivati alla riduzione del ruolo degli Stati e alla ripresa di forze politiche che si ispirano al nazionalismo.
Dal punto di vista ambientale c’è stato un aumento di consumi di risorse rinnovabili che hanno portato anche ad un aumento dell’inquinamento di aria, acqua e suolo e al riscaldamento globale che ha avuto conseguenze sui cambiamenti climatici. Fenomeni come deforestazione, erosione, desertificazione e la perdita di biodiversità hanno prodotto danni drammatici per l’uomo e la sua sopravvivenza sulla terra.
La globalizzazione neoliberista a guida Usa e il ruolo della Cina
Nell’effettuazione della nostra analisi, è importante evidenziare come il processo di globalizzazione neoliberista è stato fortemente voluto dai paesi del Nord soprattutto dalle oligarchie Usa che si sono avvantaggiate da questa nuova situazione economica.
Secondo i dogmi liberisti il libero scambio fra paesi rappresenta il principale stimolo allo sviluppo e alla crescita e permette a tutti i paesi coinvolti di avere accesso alle merci più competitive e permetterebbe anche ai Paesi in via di sviluppo di specializzarsi in quei settori in cui possiede vantaggi competitivi. Quindi il libero scambio rappresenta la pietra miliare del sistema economico mondiale costruito dalle oligarchie Usa che però ha favorito anche la crescita di altri paesi come la Cina.
Il decollo dell’economia cinese è gradualmente iniziato negli anni ’80 grazie alle riforme di Deng Xiaoping e proseguite dai presidenti successivi che hanno attuato riforme adeguando il proprio sistema normativo alla nuova fase economica di oiforma e apertura alle forze di mercato, fino ad aderire nel dicembre del 2001 al Wto (organizzazione internazionale creata per uniformare gli accordi tra gli stati membri con l’obiettivo di ridurre le barriere) e di entrare a pieno titolo nel sistema economico globalizzato. Si è aperta all’economia internazionale favorendo l’ingresso di investimenti esteri nel paese ed è decollato il processo di delocalizzazione industriale delle imprese occidentali in Cina. La delocalizzazione consiste nello spostare la produzione in altri paesi dove è più economico produrre, dove esistono dei vantaggi come il minor costo dei fattori produttivi e in particolare della manodopera. La Cina grazie alla globalizzazione ha sviluppato le proprie industrie e si è specializzata in molti settori diventando un grande esportatore di prodotti elettronici computer, automobili, veicoli elettrici e pannelli solari.
La Cina è diventata la seconda potenza economica scombinando i piani degli Usa e perciò è iniziata una guerra commerciale degli Usa contro la Cina che, secondo alcuni analisti (video Ottolina tv), rappresenta il funerale delle democrazie liberiste. Joe Biden presidente degli Stati Uniti, seguendo il percorso tracciato da Trump nel 2018, visto il notevole sviluppo tecnologico dell’economia cinese e la competitività dei suoi prodotti, ha invertito il processo di globalizzazione e ha iniziato una politica protezionistica, al fine di frenare l’ascesa della potenza economica cinese (grafico 1). Le politiche protezionistiche hanno lo scopo di proteggere le produzioni interne dalla concorrenza internazionale per fare ciò esistono barriere tariffarie e non tariffarie: le prime sono i classici dazi doganali, tributi sulle merci in transito alla frontiera, mentre le seconde sono limitazioni quantitative come il contingentamento, i requisiti minimi di contenuto nazionale e caratteristiche qualitative della produzione, come la rispondenza a determinati requisiti tecnici o di sicurezza.
Joe Biden a maggio 2024 ha annunciato l’aumento dei dazi sui prodotti cinesi. Ha portato i dazi sulle auto elettriche dal 25% al 100%, sulle batterie dal 7,5% al 25%, sulla graffite e le terre rare c’è stato un aumento, sulle gru dei porti i dazi sono saliti dallo zero al 25%, sulle celle solari i dazi sono cresciuti dal 25% al 50%, sull’alluminio e l’acciaio dal 7,5 al 25%. In seguito ai provvedimenti attuati da Biden, la Cina ha accusato Biden di bullismo commerciale, in particolare il ministero degli affari esteri della Repubblica popolare cinese Wang sostiene che quanto fatto da Joe Biden ha messo in luce la mancanza di fiducia piuttosto che la forza di Washington e che i suoi provvedimenti non fermeranno lo sviluppo della Cina.
I dazi rappresentano la negazione del Washington consensus, espressione coniata dall’economista John Williamson nel 1989 per descrivere un insieme di 10 direttive di politica economica da destinare a paesi in via di sviluppo che si fossero trovati in crisi economica.
Le 10 direttive sono state imposte da Washington su scala globale anche attraverso colpi di Stato.
Prevedono la liberalizzazione del commercio e delle importazioni con l’eliminazione di ogni restrizione quantitativa e con il mantenimento dei dazi ad un livello basso e uniforme, il diritto alla proprietà privata e il riaggiustamento della spesa pubblica.
Per riassumere le grandi oligarchie pensavano, che la religione libero scambista riassunta nei 10 punti del Washington consensus imposta a tutto il resto del mondo, non avrebbe fatto altro che aumentare il divario con gli altri paesi e non avrebbe permesso alla Cina di diventare un competitor in grado di mettere in discussione la loro egemonia ma, evidentemente, avevano fatto mali i conti. La Cina non ha mai visto negli investimenti esteri una fondamentalmente opportunità per le sue oligarchie di arricchirsi a dismisura, ma piuttosto ha visto questi investimenti come una necessità e un’opportunità per svilupparsi ma anche per raggiungere una forma di indipendenza tecnologica e finanziaria a discapito degli Usa.
Io penso che il processo di globalizzazione abbia avuto degli effetti positivi come la crescita economica di molti paesi, ma ha anche accentuato le disuguaglianze nella distribuzione delle ricchezze e il peggioramento economico dei paesi poveri.
Infatti, la crescita economica ha interessato anche i Paesi in via di sviluppo ma le maggiori risorse disponibili non sono state distribuite in maniera equa e si sono generati forti divari nelle diverse fasce sociali all’interno dei singoli stati. La ricchezza si concentra sempre più nelle mani di poche persone, mentre il resto della popolazione vive in condizioni di povertà. La fame e la povertà sono due delle conseguenze più drammatiche della distribuzione diseguale della ricchezza e del reddito prodotta dai meccanismi dell’economia globale. Gli studiosi di Oxfam ci dicono che l’1% della popolazione mondiale possiede più ricchezze del restante 99% messo insieme. Il paradosso, la stranezza che stiamo vivendo è che mentre lo sviluppo economico aumenta le ricchezze prodotte, le disuguaglianze tra ricchi e poveri stanno aumentando a un livello non tollerabile. La ricchezza deve essere messa in secondo piano, prima occorre rispettare i diritti umani e sociali. E’ prioritario attenuare le enormi disuguaglianze nel mondo, ridurre povertà fame e incentivare sanità e istruzione accessibili a tutti.
Conclusioni
Pertanto, penso che il futuro della globalizzazione così come è stata sino ad oggi, sia a rischio e che occorre fare qualcosa per migliorare e arginare gli effetti negativi della globalizzazione, a beneficio di tutti e nel rispetto del nostro pianeta.
Le istituzioni devono promuovere politiche che riducano l’attività speculativa sul mercato finanziario in atto ormai da tempo al fine di frenare le disuguaglianze sociali ed economiche, che purtroppo spesso sono la causa dei conflitti e guerre a cui oggi assistiamo. L’assenza di giustizia sociale crea condizioni per l’esplosione di tensioni e violenze, come in Africa dove si combatte per il controllo delle risorse naturali. In Africa ci sono grandi risorse naturali ma la povertà è molto diffusa, questo perché l’economia è in larga parte condizionata dalle multinazionali straniere che sfruttano le risorse naturali del continente ai danni della popolazione che vive in condizioni precarie ed è costretta ad emigrare verso altri paesi.
La ricchezza prodotta dall’industrializzazione e dalla globalizzazione neoliberista deve essere indirizzata all’uguaglianza altrimenti occorre rivedere in maniera sostanziale questo processo per assicurare un giusto futuro all’umanità e alla nostra esistenza. Le priorità dell’uomo devono essere la tutela dell’ambiente e la salvaguardia dei diritti umani e sociali, non il profitto di pochi.
Fonti:
- power point “Gli effetti della globalizzazione” da Andrea Vento ”La didattica sperimentale al tempo del coronavirus”.
- power point Geo-economia del terzo millennio “Globalizzazione e deglobalizzazione” di Andrea Vento.
- powerpoint “La Repubblica popolare cinese: da sabbia informe a potenza globale” di Andrea Vento, gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati 18 febbraio 2024.
- Zanichelli spunti di cittadinanza e sostenibilità “Ambiente, economia e società” di Carpanelli, sezione “povertà e sottosviluppo”.
- video youtube del giornalista Giuliano Marrucci “La guerra commerciale degli Usa contro la Cina è il funerale delle democrazie liberali”.
(https://www.youtube.com/watch?v=YaAqddnbfrU&ab_channel=OttolinaT
- Washington consensus Wikipedia
- la globalizzazione SKuola.net.
- appunti presi durante le lezioni del professor Andrea Vento.
Elisa Saieva (classe 2B AFM – ITE)
Attività svolta nell’ambito del progetto Contemporanea..mente
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