Non prendiamoci in giro, il giornalismo e la televisione italiani sono da tempo immemore vittime di restrizioni, basti pensare che l’Italia, da anni, occupa nelle classifiche mondiali per la libertà di stampa posizioni fin troppo basse per un paese democratico: Reporter Senza Frontiere quest’anno pone il nostro paese al quarantaseiesimo posto. Il caso Scurati non appare dunque come un evento così anomalo, eppure qualcosa è diverso, qualcosa sta cambiando; perché la Rai dovrebbe censurare un monologo antifascista, celebrativo del 25 aprile? Sono forse cambiati i valori in cui l’Italia
si riconosce?
La situazione va sempre più peggiorando e la censura, perché è di questo che si parla, diventa sempre
più palese e invadente. Il sindacato USIGRAI ha voluto denunciare questo crescente clima di tensione e intimidazione all’interno del servizio pubblico indicendo uno sciopero il 6 maggio, che ha visto un’adesione del 75% circa. L’influenza che l’esecutivo esercita sull’informazione pubblica è sempre più pressante: recentemente si è tentato di modificare la legge sulla par condicio in vista delle elezioni europee, prevedendo per gli esponenti del governo tempo illimitato all’interno delle trasmissioni televisive e rimuovendo la necessità di un contraddittorio. L’attacco non termina qua, anzi: è in vigore dallo scorso anno la cosiddetta “legge bavaglio”, la quale non permette la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare fino al termine dell’udienza preliminare. È recente la proposta, ritirata a seguito dello sdegno
internazionale, di condanna fino a quattro anni di carcere e l’interdizione dalla professione fino a due anni per i
giornalisti con il pretesto della diffamazione.
Tutto ciò in diretto contrasto con le direttive europee contro le SLAPP, azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica, che hanno come unico obbiettivo l’intimidazione dell’informazione libera e del dibattito pubblico. Senza la figura chiave del giornalista, chi ha il potere è libero di agire alla completa insaputa dei cittadini. Sono le interviste, le inchieste, le domande scomode, a mettere in luce i problemi e informare. Sapere è potere, e nell’ignoranza i più
deboli sono ancor più deboli e incapacitati nel prendere una decisione consapevole. Silenziare il giornalismo
equivale a giustiziare la democrazia.
Emma G. Pardini (classe 4D – liceo classico)
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