Vince sette Tour de France. Basta dire questo per riportare alla memoria uno dei nomi più noti del ciclismo su scala mondiale: Lance Armstrong. Durante la sua carriera da ciclista professionista, iniziata nel 1992 assieme al team Motorola, ha collezionato, oltre a quelle della corsa francese, altre numerosissime vittorie, che hanno reso il suo palmarès il più invidiabile di tutti i tempi. Eppure tutti questi traguardi gli sono stati portati via il 24 agosto 2012. Incredibile che tanti anni di intenso allenamento siano stati spazzati via così. Ma le vittorie di Armstrong sono davvero il risultato del solo puro e semplice duro lavoro?
Dopo aver debuttato come vincitore del titolo amatoriale statunitense di triathlon nel 1991, Armstrong decide di dedicarsi professionalmente al ciclismo unendosi al team Motorola: la sua prima vittoria è la conquista di una tappa alla Vuelta a Galicia, ma questo è solo l’inizio. Nel 1993 diventa campione nazionale a Filadelfia, vince il Trofeo Laigueglia e inaspettatamente si laurea campione del mondo ad Oslo; in seguito conquista una tappa della Parigi-Nizza e nel 1995 dedica la vittoria della tappa Col de Portet d’Aspet all’amico e collega Fabio Casartelli, scomparso a seguito di un fatale incidente proprio su questa tratta. Improvvisamente però la salute di Armstrong peggiora: mal di testa, vista offuscata e tosse con sangue, un testicolo gonfio; nel 1996 gli viene diagnosticato un cancro ai testicoli di stadio avanzato. La sua carriera si interrompe bruscamente e il ciclista si ritira per dedicarsi completamente a cure e trattamenti: grazie alle terapie di urologi e oncologi Lance riesce a sconfiggere il cancro e viene dichiarato definitivamente guarito in seguito ad un’intensa chemioterapia nel 1997. Il suo ritorno sullo scenario sportivo era quasi insperato, e quando si prepara sulla linea di partenza del Giro di Lussemburgo nel 1998 come componente dell’Us Postal team è già diventato leggenda.
Armstrong, con la sua incredibile storia da film Hollywoodiano, dà una nuova speranza al ciclismo. Infatti lo sport ha perso molta visibilità con lo scandalo Festina, avuto inizio una mattina del luglio 1998. Alla frontiera del Belgio un’ammiraglia dell’importante squadra ciclistica Fastina, in viaggio per andare a partecipare al Tour de France, guidata dal massaggiatore Willy Voet viene fermata dalla polizia per una perquisizione: nella vettura vengono rinvenute grandi quantità di sostanze dopanti come testosterone, EPO e somatotropina (ormone della crescita). In circuiti a livello mondiale ed internazionale la competizione è altissima e molti ciclisti non si tirano indietro davanti prospettiva di sfidare il regolamento assumendo sostanze dopanti per migliorare le proprie prestazioni fisiche. Il doping è, infatti, una pratica illecita che consiste nell’assunzione farmacologica, chimica o fisica di sostanze e metodi in grado di alterare le prestazioni fisiche di un atleta.
Tre corridori vengono arrestati e anche il resto della squadra è tenuta sotto controllo: sono tutti colpevoli del cosiddetto “doping di squadra”, ma tutti mentono riguardo il loro coinvolgimento. La tensione aumenta quando i reduci Festina arrivano a Dublino il 17 luglio, ed a prendere il via non è solo il Tour, ma anche l’inchiesta sullo scandalo scoppiato nove giorni prima: molti ciclisti, anche di altre squadre, sentendosi a rischio danno forfait o scioperano e la corsa sembra ormai perduta. Lo scandalo Festina è stato un duro colpo per il ciclismo.
Ma il glorioso ritorno di Armstrong, l’uomo che ha sconfitto il cancro e adesso si rimette in gioco aspirando alla vittoria della corsa francese, attira una miriade di spettatori, che non sono mai stati così appassionati. Per questo Armstrong, che ha salvato il ciclismo, è ben visto dall’Uci (unione internazionale ciclismo): essendo lui la figura che tiene vivo lo sport, l’Uci lo tratta con occhio di riguardo. E tali favoritismi non passano inosservati. Infatti, anche Armstrong deve essere sottoposto ai controlli antidoping effettuati proprio dall’Uci: un atleta che nei primi anni della sua carriera si rivela agli occhi dei professionisti del ciclismo adatto alle corse di un giorno e alle brevi tappe, ritornando, dopo aver sconfitto una malattia potenzialmente fatale, con tutte le carte in regola per vincere il Tour de France, desta certamente non pochi sospetti. Sospetti che sono fondati. Infatti già a partire dal 1995 Armstrong era diventato cliente del famoso dottor Michele Ferrari.
Ferrari seguiva molti ciclisti ed in generale molti atleti di fama mondiale: non era solo un professionista dello sport e della medicina, ma anche del doping. Non a caso il suo studio si trovava in Svizzera, dove le sostanze altrove riconosciute come illegali, lì si potevano facilmente acquistare in farmacia. Ferrari organizzava ai suoi clienti piani di doping strutturati a regola d’arte, così che questi non fossero scoperti durante i controlli. Poi a metà degli anni 90 è arrivato l’EPO, che è diventato presto un ingrediente fondamentale dei suoi cocktail dopanti. L’EPO (eritropoietina) riesce a stimolare il midollo spinale per una maggiore produzione di globuli rossi, responsabili del trasporto di ossigeno e di anidride carbonica: più globuli rossi circolano nel sangue, più ossigeno arriva ai muscoli, più aumenta la resistenza permettendo una ripresa più rapida.
L’EPO è stato per molto tempo il grande segreto di Armstrong: la sostanza, oltre ad avere risultati più efficienti delle altre sostanze dopanti, resta in circolo nell’organismo per poco tempo e così i test antidoping non sono riusciti a rintracciarlo. Infatti a lungo non è risultato positivo all’EPO, ma al cortisone sì: nel 1999 Armstrong risultata positivo al test antidoping per ben quattro volte. La squadra giustifica l’accaduto presentando all’Uci una ricetta medica, che come viene scoperto solo a posteriori grazie alla massaggiatrice della squadra Emma O’Reilly, è stata retrodatata. Dunque il ciclista riesce a farla franca ed anzi, ha così inizio per lui un periodo di grandi conquiste: dal 1998 al 2005, infatti, riesce a vincere sette Tour de France. Certamente i sospetti nei suoi confronti, dopo questi episodi, non sono terminati : nel 2001, dopo la vittoria del Tour de Suisse, Armstrong viene sottoposto ad un test antidoping e un campione di urina risulta sospetto. L’Uci però decide di non indagare: far scoppiare uno scandalo in cui era coinvolta la colonna portante del ciclismo di quegli anni non era certo nel suo interesse. Ma successivamente i controlli antidoping vengono affidati all’AFLD (organismo indipendente francese di lotta al doping), di cui era presidente Pierre Bordry. L’organismo riesce a sviluppare fra il 2000 e il 2004 un test per riconoscere l’EPO e decide di provarne l’efficacia su campioni di urina che si trovavano già in laboratorio. Dalle analisi risulta che in molte delle urine risalenti agli anni 1998-1999 erano presenti tracce di EPO, anche in quelle appartenenti ad Armstrong. A questo punto, quindi, non ci si chiede più se il ciclista si sia dopato o no, ma se il laboratorio abbia l’autorizzazione ad analizzare quelle urine ed abbia eseguito i controlli correttamente. Ci si appella dunque al laboratorio nazionale antidoping francese, di cui è un importante esponente l’avvocato olandese Emile Vrijman. Egli sostiene che i controlli non siano stati effettuati correttamente e scagiona Armstrong, con il quale è bene sottolineare che aveva dei rapporti. Le accuse contro Armstrong non cadono e la questione rimane in sospeso.
In quello stesso anno però accade qualcosa di drastico: il dottor Michele Ferrari viene messo sotto processo per via delle testimonianze di vari atleti che, essendo coinvolti nel giro del doping, hanno deciso di costituirsi. Uno di questi è il ciclista italiano Filippo Simeone, che durante il Tour viene braccato da Armstrong e la sua squadra, così da non fargli vincere la tappa: Lance non vuole racconti alla stampa del processo Ferrari, e oltre ad ostacolarlo lo mette in difficoltà con discorsi intimidatori.
Nel 2005 Armstrong conquista il suo settimo ed ultimo Tour de France: annuncia di voler concludere la sua carriera ciclistica, lasciando spazio a nuovi volti, come quello di Jan Ullrich, che fino ad allora era stato l’eterno secondo alle spalle di Armstrong.
Però Ullrich non ha occasione di godere delle vittorie che, adesso che il suo rivale non lo poteva più precedere, gli sembrano tanto facili da raggiungere: nel 2006 la polizia Spagnola perquisisce il dottor Fuentes, rivale di Ferrari nel campo del doping sportivo e medico di Ullrich. Il ciclista viene squalificato dalla corsa francese e adesso il favorito è Floyd Landis. Landis, che sembrava primeggiare nella tappa del Tour successiva alla squalifica di Ullrich, arriva al traguardo allo stremo delle forze, avendo perso il vantaggio acquisito nell’ultima parte che era in salita. Il giorno dopo, però, riesce ad arrivare primo al traguardo, addirittura con un grande stacco dai suoi avversari, anche se il territorio era in salita, come il giorno prima: qualcosa non quadra. Due giorni dopo aver vinto il Tour de France risulta positivo al test del testosterone: continuando a sostenere di essere innocente, porta il suo caso davanti all’USADA (organizzazione antidoping statunitense). Proprio in quei giorni, però, il laboratorio dell’AFLD (organismo indipendente francese di lotta al doping) subisce un attacco di pirateria informatica, e Landis con un gruppo dei suoi amici viene riconosciuto colpevole. Questo aggrava la sua condizione e la situazione precipita: perde la causa e le sue condizioni finanziarie sono fortemente instabili dopo che ha speso ingenti somme per pagare gli avvocati migliori. Ma ciò che lo turba di più è la differenza di trattamento che c’è stata fra lui e Armstrong: anche quest’ultimo si è dopato, e per anni per giunta, per arrivare a vincere la corsa francese, eppure non è stato toccato, mentre Landis perde tutto al primo test a cui risulta positivo.
Armstrong nel 2008 ritorna inaspettatamente a correre. Dunque Landis decide di sfruttare l’occasione e gli chiede di permettergli di correre con la sua squadra, ma lui rifiuta: è dopato e la gente non vuole più vedere cose simili. Landis scoppia e dichiara tutto: lui ed altri colleghi vogliono incastrare Armstrong, che a lungo, a differenza loro, ha corso impunito. Si rivolgono all’USADA, che da tempo stava studiando Armstrong e adesso, grazie alle testimonianze, riesce ad avere prove sufficienti e inaggirabili per accusarlo di essere coinvolto in attività di doping: il 12 agosto 2012 l’USADA si accorda con l’Uci per revocare tutti i titoli di vittoria di Armstrong, radiandolo dal ciclismo.
L’idolo che ha a lungo tenuto in vita un ciclismo sull’orlo del disfacimento per via del sistema inarrestabile del doping, emblema della rinascita grazie alla sua guarigione dal cancro e fonte di speranza per gli spettatori di tutto il mondo, si è rivelato l’atleta più corrotto fra tutti, insieme alle istituzioni che lo proteggevano. Ma questo è solo uno dei tanti casi di doping fra gli atleti di fama mondiale, ed è solo uno dei pochi casi di doping fra quelli svelati.
Sveva Fascetti (classe 2A – liceo classico)
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