Da venerdì 23 febbraio 2024 si è innescato qualcosa di molto forte nella nostra città e in tutta Italia. Ripercorriamo gli eventi di quella giornata: la mattina, un corteo studentesco composto da poco più di cento persone, parte da Piazza Dante per manifestare il proprio sostegno al popolo palestinese e chiedere che il genocidio abbia una fine. I manifestanti si dirigono verso piazza dei Cavalieri ma vengono bloccati davanti al Liceo Artistico F. Russoli da un presidio della polizia antisommossa, piazzata al termine di via San Frediano.
Poi il caos: la polizia carica ragazzi.
Gli agenti iniziano a manganellare indiscriminatamente. Chi si trova in testa al corteo viene colpito, tutti cercano di scappare. Rimangono feriti in molti, perlopiù minorenni, di cui alcuni in condizioni piuttosto gravi che verranno poi ospedalizzati. Le ferite, però, non sono solo quelle fisiche: ascoltando le parole di chi era lì si percepisce la paura, si legge il panico nei loro occhi e non viene che da chiedersi che senso abbia tutto ciò. Perché le forze dell’ordine attaccano gratuitamente un gruppo di studenti disarmati e con tanto di mani alzate a segnalare le intenzioni pacifiche?
Lo sdegno e lo sgomento in poche ore diventano di carattere nazionale e la notizia fa il giro di tutto il paese. La sera stessa i cittadini pisani si riversano in piazza per dimostrare il proprio sostegno ai manifestanti colpiti. I Lungarni vengono bloccati da un corteo di cinquemila persone diretto proprio verso Piazza dei Cavalieri. Si respira un’aria di rivincita; la città ha deciso di difendere i propri ragazzi. Da quel momento ogni giorno viene organizzato qualcosa: presidi in piazza, assemblee nelle scuole, consigli comunali speciali, un’assemblea cittadina.
Gli eventi di Pisa divengono oggetto di dibattito politico al punto tale che anche il Presidente della Repubblica interviene per dover condannare la violenza usata a danno dei manifestanti. Gli studenti medi hanno ben chiara una cosa però: non vogliono che nessuno dimentichi perché la mattina di quel venerdì sono stati presi a manganellate e non sono pronti a rinunciare alle proprie idee. Per questo motivo sabato 2 marzo sono scesi di nuovo in piazza per manifestare contro “bombe” e “manganelli”, per ribadire lo stop al genocidio. Questa volta però erano ben più di cento.
Emma G. Pardini (classe 4D – liceo classico)
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