Martedì 13 febbraio è tornato a fare lezione tra le mura del Galilei, per il secondo incontro del Progetto memoria, il professor Stefano Sodi, che ha insegnato storia e filosofia proprio in questa scuola fino al 2018. Il professore ha pubblicato nel 2008 il libro “Mio padre ci disse che non saremmo più tornate al Galilei. L’applicazione delle leggi del 1938 al Regio liceo classico Galileo Galilei di Pisa”, frutto di una ricerca, condotta insieme ai suoi studenti, sulle fonti scritte conservate nell’Archivio di Stato e nell’archivio storico della scuola, e la raccolta di interviste agli ex-alunni ebrei che frequentavano il “Galilei” o ai loro parenti, che hanno permesso di individuare punti in comune e differenze delle loro testimonianze. Nel 2019, il libro è stato rivisto e integrato con nuove informazioni ed è confluito in un nuovo volume, “Fuori da scuola. 1938 – studenti e docenti ebrei espulsi dalle aule pisane”.
Durante la conferenza, il professore ci ha raccontato cosa ha scoperto riguardo agli studenti e al professore che sono stati allontanati dal Galilei nel 1938, a seguito dell’emanazione delle leggi razziali. Prima di tutto è interessante notare che la maggior parte di loro apparteneva a famiglie borghesi, ma soprattutto che alcuni avevano apertamente aderito al fascismo, e dunque si sono sentiti traditi dal regime, come hanno raccontato Rafael Emdim e Mario Pontecorvo. Tutti loro, fascisti e non fascisti, furono costretti a continuare gli studi e, nel caso del professor Lamberto Borghi, l’insegnamento in scuole ebraiche o ad abbandonare gli studi, per poi riprenderli dopo la fine della guerra.
Nonostante le loro esperienze siano state di diverso tipo – c’è stato chi è fuggito all’estero appena ha potuto e chi invece si è nascosto in Italia, magari in un convento o in campagna – per fortuna quasi tutti sono riusciti a sfuggire ai rastrellamenti nazifascisti, tranne Renzo Roccas, che fu catturato il 20 aprile del 1944 a Chianni, dove si era trasferito con i suoi familiari, e fu deportato ad Auschwiz, dove morì il 31 ottobre dello stesso anno. Il suo nome è inciso su una delle quattro pietre d’inciampo installate a Pisa in memoria.
Il professor Sodi ha ritenuto importante domandare agli intervistati qual è stata la reazione dei compagni di classe alla loro espulsione. Nel complesso la risposta è stata che compagni e professori non hanno avuto un atteggiamento esplicitamente discriminatorio, fatta eccezione per Nelly Luzzato, che ricorda di essere stata completamente emarginata, e per Laura Pontecorvo, la quale ha definito il preside come un “fascista entusiasta delle porcherie fatte dal governo”. L’unica però che rimase in buoni rapporti con i propri compagni fu Nicla Piperno, che continuò a essere invitata dalla classe alle gite domenicali in bicicletta. Dall’analisi delle testimonianze dunque sembrerebbe che la maggior parte degli studenti del liceo sia rimasta indifferente ai provvedimenti che hanno colpito i compagni ebrei, ma in alcuni casi si è attribuita la colpa di ciò alla giovane età degli studenti più piccoli, che frequentavano il ginnasio e che magari non hanno avuto i mezzi per mantenere contatti all’infuori del contesto scolastico.
Per concludere, credo che soprattutto in questo momento storico, lavori e lezioni come quelle del professor Sodi, ci possano aiutare a comprendere che simili eventi possono ripresentarsi e soprattutto che non sono qualcosa di tanto lontano dalla nostra realtà quotidiana. Perciò sta a noi non fare come hanno fatto in molti in quel 1938, non voltare lo sguardo dall’altra parte e non rimanere indifferenti.
Costanza Pucci (classe 5D – liceo classico)
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