Durante la sua millenaria storia la Cina ha visto un lungo susseguirsi di dinastie e imperatori fin dal 221 a.C. e l’ultima è stata quella Qing.
L’impero cinese (detto Celeste Impero) cadde definitivamente nel 1911 in seguito alla così detta rivoluzione Xinhai che portò nel 1912 all’istituzione della Repubblica di Cina guidata dal nazionalista Sun Yatsen, fondatore del partito nazionalista chiamato Kuomintang (KMT).
Nel 1921 nacque invece a Shangai il Partito Comunista Cinese (PCC) che di lì a breve trovò in Mao Zedong la sua guida.
Fra il 1924 e il 1927 KMT e PCC si allearono (Primo Fronte Unito) con lo scopo di unire la repubblica e di liberarla dal predominio dei “signori della guerra” (persone potenti che riescono a esercitare un controllo assoluto su certe aree grazie alle proprie risorse militari private). La rottura del fronte iniziò con la morte di Sun Yatsen.
Nel 1927 emerse come leader del Kuomintang Jiang JieShi (o Chiang Kai-shek) che eliminò i poteri dei “signori della guerra” attraverso una campagna militare durata 2 anni per riunificare il Paese, la cosiddetta”spedizione del Nord”; Kuomintang Jiang JieShi ruppe inoltre definitivamente i rapporti con i comunisti iniziando a perseguitarli. Scoppiò così una guerra civile tra i nazionalisti del KMT guidati da Jiang JieShi e i comunisti del PCC guidati da Mao Zedong.
I comunisti si ritirarono in zone rurali del paese, popolate da agricoltori e fuori dal controllo del KMT, per riorganizzarsi, e ottennero sempre più consensi proprio da parte dei contadini facendo promesse e riforme.
Nel 1934 però i membri del PCC uniti ai numerosi sostenitori raccolti furono costretti ad organizzare una gigantesca ritirata militare dalle campagne detta “Lunga marcia” (circa 10 000 km), poiché accerchiati dai nazionalisti. La guerra civile si interruppe con l’attacco nipponico (dei giapponesi) dal 1937 al 1945.
Al termine della 2° guerra mondiale i contrasti ripresero, e terminarono con la sconfitta di Jiang JieShi, che nonostante gli aiuti da parte degli americani perse definitivamente nel 1949, quando Mao Zedong e le truppe dell’Esercito di Liberazione del Popolo (PLA), formate dai contadini, entrarono a Piazza Tian’anmen (Pechino).
Il 1 ottobre 1949 dunque con la vittoria dei comunisti Mao proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese, basata sull’ideologia marxista adattata alla situazione cinese e al suo pensiero: “E’ la nascita di una nuova Cina che nel giro di cinquant’anni riuscirà ad affermarsi come nuova potenza economica.”
Il periodo maoista è stato fondamentale per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Al momento della fondazione della RPC questa risultava essere un paese arretrato, rurale e poco sviluppato industrialmente, che presentava condizioni di vita della popolazione molto difficili e precarie. Durante l’era maoista (1949-1978) il governo comunista attuò numerose riforme, come ad esempio una riforma agraria basata sull’eliminazione dei latifondi e la creazione delle Comuni popolari.
“E’ stato il decollo industriale a guidare il discreto sviluppo della fase maoista: dal 1952 al 1978 il Pil cinese è cresciuto ad una media annua del 4,40%.”
Durante questo periodo si verificarono molti cambiamenti anche in campo sociale: si raggiunse la parificazione dei diritti fra uomini e donne, aumentò il tasso di alfabetizzazione di circa il 60%, e venne creato un sistema sanitario pubblico, che consentì alla speranza di vita media di passare da 35 a 65 anni.
Alla morte di Mao (nominato il Grande Timoniere), nel 1976, iniziò un lento e progressivo passaggio economico dal socialismo al capitalismo con il presidente Deng Xiaoping, non dopo però aver passato due anni di crisi interna.
Deng Xiaoping può essere oggi definito l’artefice della modernizzazione cinese, lui infatti decise di applicare molte politiche riguardo l’apertura verso l’Occidente per integrarsi nell’economia internazionale ed attirare investimenti esteri.
Nel giro di pochi anni la Cina sviluppò molto il suo settore informatico-tecnologico.
Nel 2002 la Cina entrò nella fase del capitalismo globalizzato, ossia la fase dell’odierna economia cinese dopo l’adesione al WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) del Dicembre 2001 che è stata fondamentale. Ha permesso l’arrivo di sempre maggiori investimenti diretti esteri e lo sviluppo del fenomeno della delocalizzazione industriale delle multinazionali occidentali in Cina Furono fonte di grande attrazione: il basso costo della manodopera, l’assenza di norme ambientali restrittive e l’abbattimento delle barriere protezionistiche.
Dal 1990 al 2007 il Pil cinese ha continuato a crescere con punte del 14%, e mentre la crisi globale del 2008-2009 che ha causato una recessione in tutto il mondo occidentale, alla Cina ha provocato solo rallentamento dello sviluppo economico (grafico 1).

Mao Zedong era stato un grande sostenitore della crescita della popolazione (questa nel periodo maoista era passato da 540 ad oltre 960 milioni), mentre Deng Xiaoping introdusse la politica del figlio unico: ogni famiglia poteva avere solo un figlio, e preferibilmente maschio. Questa politica non esiste più dal 2015, è stata infatti abolita principalmente per la mancanza di manodopera e per contrastare il processo di invecchiamento della popolazione. La Cina è il paese più popoloso della Terra con 1,402 miliardi di abitanti.
“Ad oggi la RPC è la seconda potenza economica mondiale dopo gli Stati Uniti, anche se in realtà in base al Pil a Parità di Potere di Acquisto avrebbe superato gli USA dal 2014”.
La Cina è riuscita in pochi anni a diventare una superpotenza mondiale e ad entrare a far parte dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), cioè le potenze emergenti a livello mondiale, ed è inoltre ricca di risorse minerarie. Viene definita “fabbrica del mondo” per la capacità di conquistare con le sue merci industriali i mercati dell’intero pianeta.
La Cina è dunque passata in pochi anni dall’essere un Paese arretrato all’essere una potenza economica e politica con uno “sviluppo economico, tecnologico e industriale senza precedenti” grazie soprattutto all’elevata efficienza dei suoi governi e alla produttività della sua popolazione, anche a fronte di salari spesso bassi. Anche se è stato abbandonato il sistema socialista del periodo maoista, in Cina, grazie ad accorte politiche sociali, dalla fine del 1978 quando il presidente Deng Xiaoping fece approvare le “linee di forma e apertura economica” al 2020, quando è stata estirpata, circa 850 milioni di cinesi sono usciti dalla povertà (grafico 2).

Alessia Zaffora (classe 1C AFM ITE – laboratorio di giornalismo)
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