Al Palazzo Ducale, Genova, sono state raccolte alcune tra le opere del padre impressionista con una modalità completamente inedita e con una suggestione che solo in pochi sanno suscitare.
Tra febbraio e maggio 2022 si è tenuta, al Palazzo Ducale di Genova, una mostra di alcune tra le opere principali dell’artista Monet, considerato da molti il maestro dell’Impressionismo.
«Altri pittori dipingono un ponte, una casa, una barca…io voglio dipingere l’aria che circonda il ponte, la casa, la barca, la bellezza della luce in cui esistono». Basterebbe questa frase per comprendere l’essenza dell’artista e del suo movimento, a cui sempre rimase fedele. I costanti cambiamenti cromatici, gli effetti della luce in continua evoluzione, la tecnica en plein air, la velocità con cui le pennellate accarezzano la tela sono tutti aspetti che non possono non lasciare disorientato lo spettatore, richiedendogli tempo e spazio, al fine di muoversi intorno alla tela e contemplarla da diverse angolature.
Oltre 50 capolavori di Monet sono stati disposti con una suggestione unica e suscitano un’intimità a dir poco affascinante, di cui ne abbiamo già un assaggio con una magnifica entrata ad effetto. I grandi specchi laterali, i piedi che calpestano la proiezione di ninfee appoggiate su un’acqua di un forte colore blu e le fievoli note del Clair de la lune accompagnano lentamente lo spettatore. Proseguendo, un ambiente piuttosto buio, angusto, coperto da volte e diviso da colonne risalta ancor di più l’intimità delle tele di Monet, mettendone in luce i suoi colori.
È proprio grazie allo spazio che si può creare un dialogo tra capolavori. Predominanti nelle sue rappresentazioni sono soggetti tratti dalla vita reale. La sua ricerca di un “immersione nella natura” lo porterà a realizzare un grande giardino attorno alla sua casa a Giverny, ove passerà gli ultimi 40 anni della sua vita. In questi ultimi decenni di vita si concentrerà sulla natura rigogliosa del suo giardino, con circa 250 opere. Proprio Giverny può essere considerata come il luogo di consapevolezza e rinascita per lo stesso artista; una sequenza di nuovi elementi dettati da una brillante innovazione formale, geografica e di ricerca stilistica che lo hanno portato a interessarsi sempre di più di soggetti impregnati di nuova lirica e colori vivaci.
Spesso a variare sono proprio quest’ultimi e le loro tonalità, simboleggiando i cambiamenti di stagione, con il conseguente mutamento del paesaggio. Il ponte giapponese, che unisce i due stagni di ninfee, è un omaggio alla cultura nipponica e nell’esposizione più volte appaiono sue raffigurazioni. Significativa, in questo periodo, fu la progressiva perdita della vista. Quello che, tuttavia, poteva apparire come un ostacolo, spinse Monet a chiamare a sé la memoria e i ricordi divennero sempre più commisti alle emozioni, spingendo alcuni critici a denominare questa fase come la fase dei “paesaggi dell’anima”. In questi dipinti si perde la sensazione dello spazio, l’orizzonte diviene spesso identificabile e l’occhio precipita nella tela, come se catturato dal’ impossibilità di orientarsi, di fronte a un soggetto che appare smaterializzato, privo di consistenza. In primo piano non vi è più il soggetto, ma la pittura stessa, anticipando tratti dominanti del’ arte astratta. Le opere più importanti all’interno della mostra sono le Ninfee, Iris, Emerocallidi, Salice piangente, le sue varie versioni de Il ponte giapponese e un’opera che ha un sapore quasi magico, Le Rose.
Un altro obiettivo dell’esposizione, divisa in sette sezioni e curata dalla storica dell’arte e direttrice scientifica del Musée Marmottan Monet, Marianne Mathieu, è quello di presentare tutti i temi fondamentali per comprendere a pieno l’essenza dell’artista e seguire passo dopo passo il suo percorso evolutivo, dalla rivoluzione della pittura en plein air, di formato tipicamente piccolo, ai grandi paesaggi rurali e urbani. È la stessa Marianne ad esprimersi nel seguente modo riguardo l’esposizione: “Ci sono le navate, le colonne, questa sala mi ricorda la cappella di una chiesa ed è un regalo grande perché i quadri puoi osservarli da vicino, da lontano e nell’insieme così come li puoi vedere dialogare tra loro. Quando guardi le tele degli inizi puoi già intravedere la premessa di quello che Monet sarà in futuro e, viceversa, quando sei alla fine del percorso puoi voltarti indietro e vedere da dove è partito”.
Il successo di tale raccolta, infine, non può essere che testimoniato da gli oltre centomila visitatori accorsi al Palazzo Ducale, per assistere ai capolavori di un artista che dimenticare sembra impossibile.
Riccardo Moretti (classe IA – liceo classico)
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