Quasi tutto ciò su cui si basa la società moderna ha, alle fondamenta, i chip. Il nostro mondo è dipendente da essi: i chip ci circondano e li usiamo ogni giorno; sono dappertutto, dalle lavatrici ai telefoni, dalle automobili ai frigoriferi.
Questa dipendenza ha fatto emergere tutti i suoi lati negativi con la pandemia, quando tutto il mondo si è dovuto spostare online, e l’industria, satura di ordini, insieme al resto della catena di distribuzione, non è riuscita a tenere il passo con la domanda.
La carenza di chip è iniziata quasi con gli stessi tempi della diffusione del Covid-19, e si è fatta sentire con il lockdown totale in Cina, la fabbrica del mondo. Con la chiusura delle fabbriche, la produzione si è fermata e, contemporaneamente, la richiesta di beni è aumentata esponenzialmente, portando i prodotti a prezzi più elevati. Tuttavia con la successiva apertura delle fabbriche la situazione non è migliorata, a causa degli ordini arretrati e del nuovo stile di vita, conseguenza della pandemia.
Molte industrie sono rimaste colpite; tra queste certamente le principali sono state quelle nel settore dell’elettronica (TSMC, Samsung, Intel, AMD, Qualcomm, etc.) e automobilistiche (GM, Ford). Proprio quest’ultima categoria, a causa della sempre più dipendenza da semiconduttori, ha avuto una grande perdita nella produzione, tanto da essere considerata l’industria più danneggiata.
Questa “carenza” si è trasformata poi in una vera e propria “crisi”, come dice il Guardian, poiché passata da un semplice ritardo nella produzione a una scarsità di chip di cui si prospetta la durata fino al 2022, e secondo alcuni anche di più.
Anche l’industria elettronica è rimasta fortemente colpita. Solo per fare un esempio, Apple, un colosso da 274,5 miliardi di dollari in fatturato nel solo 2020, ha dovuto ritardare il lancio dell’iPhone di ben 2 mesi; pure Samsung, che produce 56 miliardi di dollari di semiconduttori, secondo fonti ha spostato la data di lancio di uno dei suoi prodotti.
Ma se le aziende dell’elettronica danneggiate da questa scarsità sono molte, non di meno lo sono i consumatori che, volendo comprare i nuovi prodotti, si sono trovati a mani vuote e a scegliere se aspettare o acquistare al doppio del prezzo da un rivenditore online. Di fronte a quanto accaduto il CEO di AMD Lisa Su, azienda che produce processori per PC e per le console di Sony e Microsoft, ha dichiarato: “L’industria ha bisogno di aumentare la capacità globale”.
Tuttavia la carenza non riguarda solo le “big” dell’elettronica con i chip di ultima generazione; questa penuria ha infatti colpito ancora di più un altro settore, quello automobilistico. L’industria automobilistica compra all’incirca 37 miliardi di dollari di chip, una cifra impressionante per delle aziende che a prima vista hanno ben poco a che fare con l’elettronica. Ma, nonostante questa possa sembrare una cifra enorme, in realtà non lo è. Si prenda TSMC come esempio, la più grande azienda di semiconduttori al mondo con fatturato di 48 miliardi di dollari: se da una parte TSMC vende solamente il 3% dei suoi prodotti finali all’industria automobilistica, dall’altra ne vende oltre il 48% alle “big” dell’elettronica.
La mancanza di semiconduttori per i veicoli è quindi data principalmente dal profitto e dalla loro “poca presenza”, ovviamente in termini relativi, sul mercato. Neil Campling, analista alla Mirabaud, lo ha spiegato chiaramente al Guardian: “Le più colpite sono state le auto perché erano le ultime alla festa; se Apple sta spendendo 56 miliardi di dollari all’anno e sta crescendo, a chi daresti le scorte?”.
Questo problema “automobilistico” è frutto del nostro tempo, si potrebbe dire, poiché anche le vetture ormai stanno sempre più diventando elettronicamente avanzate, richiedendo sempre più semiconduttori per funzionare. Su questo argomento l’analista Gaurav Gupta ha detto a CNBC: “Il problema è che se manca anche un solo chip da 10 centesimi, non puoi vendere la tua macchina da 30,000 dollari”. A causa di ciò aziende di grosso calibro come General Motors, Ford e Fiat Chrysler hanno tagliato la produzione a diversi impianti.
Questa crisi, la prima del suo genere nella storia, ha danneggiato i mercati e alzato i prezzi in modo considerevole, tanto che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, per fronteggiare la situazione, ha firmato un decreto il 24 febbraio 2021 in cui aggiungeva 2 miliardi di dollari per riportare la produzione di semiconduttori in America sotto il suo piano infrastrutturale da 2 trilioni di dollari.
Niccolò Ranalli (classe IB – Liceo Classico)
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