Le tensioni e le guerre in Medio Oriente hanno origine da diverse tipologie di fratture principalmente riconducibili a conflitti religiosi, etnici, nati da movimenti di liberazione nazionale, di stampo coloniale, economici, geopolitici e sociali.
I conflitti religiosi nascono a causa della divisione del mondo islamico in sciiti e sunniti, divisione sorta storicamente alla metà del VII secolo intorno all’eredità della guida del Califfato (l’impero islamico fondato da Maometto), e alla professione di diverse religioni.
Il Medio Oriente è, dal punto di vista geopolitico, diviso in Asse sciita e Polo sunnita. L’asse sciita è un raggruppamento geopolitico guidato dall’Iran e affiancato da altri paesi sciiti come la Siria, dall’Hezbollah libanese, dall’Iran, dall’Iraq; è inoltre appoggiato dalla Russia che è interessata a sostenere il governo siriano, in quanto sua unica alleata in Medio Oriente e sede dall’unica base navale in tutto il Mediterraneo. L’Hezbollah libanese è un’organizzazione politico-militare che rappresenta gli sciiti libanesi, ovvero il 40% della popolazione totale del Libano. L’asse sunnita è invece capeggiato dall’Arabia Saudita che ha formato questa coalizione in funzione anti-sciita assieme a Marocco, Egitto, Sudan, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Bahrein.
Questi due schieramenti sono in lotta per l’egemonia geopolitica regionale del Medio Oriente. L’Arabia Saudita, assieme a Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Bahrein, costituisce le petromonarchie del golfo, monarchie assolute la cui economia si basa principalmente sull’esportazione del petrolio. Le petromonarchie hanno a capo dinastie sunnite che reprime le minoranze sciite e le priva dei diritti umani.
Il caso del Bahrein è particolare in quanto anche in essa vi sia al potere un governo sunnita nonostante il 70% della popolazione sia sciita. Il Bahrein vuole apparire come un modello di coesistenza di etnie e fedi, quando nella realtà l’opposizione (cioè la maggioranza sciita) è marginalizzata e discriminata sia economicamente che politicamente. È inoltre vietata qualsiasi forma di libertà politica, così come è vietato anche parlare con giornalisti stranieri. Il caso più eclatante è quello di Piazza della Perla, che fu teatro di una sanguinosa repressione da parte dell’esercito baharanita e dello “Scudo del Golfo” durante la prima Primavera Araba del 2011, che portò alla distruzione della piazza stessa, simbolo di una lotta/ protesta pacifica.
I conflitti etnici derivano dalla coesistenza di una netta maggioranza araba con minoranze: persiana, turca, curda ed ebraica (per un totale di 400 milioni di persone), spesso in contrasto per l’accaparramento delle terre.
I conflitti di liberazione nazionale hanno origine dalle rivendicazioni del popolo curdo e palestinese. Il Kurdistan è infatti ancora oggi una nazione senza stato; essi si dividono tra Siria, Turchia, Iran ed Iraq.
La questione palestinese riguarda l’occupazione della Palestina da parte dello Stato di Israele a popolazione ebraica. A fine ‘800 nacque il sionismo politico che aveva come obiettivo la costituzione di uno stato ebraico puro, abitato cioè da soli ebrei; la popolazione ebraica era in cerca di “una terra senza un popolo per un popolo senza terra”, territorio che fu identificato nella Palestina, la terra promessa, di fatto già abitata da XII secoli dai palestinesi. Con la dichiarazione di Balfour del 1917 il governo britannico, allora prima potenza mondiale, assecondava la richiesta del movimento sionista per un insediamento in Palestina. Lo stato di Israele nasce alla mezzanotte del 14 Maggio 1947, allo scadere del Mandato britannico sulla Palestina storica. La mattina seguente scoppia la prima guerra arabo-israeliana, guerra che fu vinta da Israele e portò alla prima grande ondata di profughi palestinesi (750.000).
Questa guerra ebbe origine dal fatto che i palestinesi ritennero illegittima la ripartizione della Palestina in seguito alla risoluzione 181 dell’Onu:
56% = territorio destinato alla popolazione ebraica
42% = territorio destinato agli arabi-palestinesi (corrispondenti ad un numero di gran lunga maggiore rispetto agli ebrei)
2% = territorio corrispondente alla zona di Gerusalemme e Betlemme, posta sotto controllo internazionale.
Con la vittoria di Israele, grazie all’appoggio dell’Inghilterra, di altre potenze occidentali e dell’Urss (i kibbutz sembravano proporre una forma di socialismo) si ebbe un ampliamento della superficie dello Stato che dal 56% arrivò al 78% della Palestina storica. Con la Guerra dei 6 giorni del giugno del 1967 Israele conquistò poi la Striscia di Gaza, Gerusalemme est e Cisgiordania, causando la seconda grande ondata di profughi. Nella stessa Gerusalemme è oggi in atto un processo di ebraizzazione a danno dei palestinesi; attualmente la popolazione di Israele è divisa fra ebrei (80%) e palestinesi (20%). Israele sta mettendo in atto una vera e propria “pulizia etnica” che ha portato alla diaspora della popolazione palestinese, la maggior parte della quale vive oggi in campi profughi con i sussidi dell’Onu.
I conflitti di stampo coloniale hanno origine dall’accordo Sykes-Picot, accordo derivante dal Trattato di Versailles riguardante la spartizione del Medio Oriente tra Francia e Regno Unito; alla prima andarono Siria e Libano, alla seconda Iraq, Transgiordania e Palestina storica.
I conflitti economici sono dovuti alla lotta per l’accaparramento di importanti risorse del sottosuolo, primi fra tutti petrolio ed il gas naturale, dei quali Il Medio Oriente è l’area più ricca a livello mondiale.
I conflitti sociali nascono dalla lotta per l’acqua ed il pane a causa della mancanza di beni di prima necessità e dei forti squilibri sociali presenti soprattutto all’interno delle petromonarchiee e aggravati anche dalle guerre e dai cambiamenti climatici.
Martina Colombi – classe 5 at ITE Pacinotti (analisi svolta nell’ambito di una verifica di geografia)
Grazie. Ho capito diversi concetti espressi molto chiaramente ed in modo sintetico.