Noi abbiamo solo un pianeta, “il nostro” pianeta, definito anche Gaia, un organismo vivente che ospita la vita sulla sua superficie e nei mari in modo estremamente diversificato. Il nostro pianeta ha già subito molte variazioni dal punto di vista chimico-fisico, ambientale ed ecologico nel corso dei secoli; ha visto cinque estinzioni di massa delle specie viventi vegetali e animali ed ora sta assistendo alla sesta estinzione che non è però provocata da fenomeni naturali, come per esempio grandi eruzioni vulcaniche, ma dall’azione della nostra specie, la specie UMANA.
I “CONFINI PLANETARI” non corrispondono a quelli terrestri: sono confini che non vediamo ma che esistono e consentono la SOSTENIBILITA’ DELLA VITA sul pianeta. Molti di questi confini noi li abbiamo superati da alcuni anni; in particolare, quello che stiamo affrontando e che è il più problematico in assoluto con tutte le criticità che derivano dai comportamenti umani è quello del CAMBIAMENTO CLIMATICO, causato dall’immissione nell’atmosfera di gas cosiddetti CLIMALTERANTI.
Per avere un’idea dell’importanza di quello che sta succedendo è opportuno riferire alcuni dati:
– ogni anno, da alcuni decenni, 18 milioni di ettari (un territorio vasto come il Belgio) di foreste primarie, foreste che vegetano da migliaia di anni, vengono tagliate per far posto ad allevamenti di bovini e a foraggere che vanno ad alimentare i bovini stessi oppure a palme da olio;
– oltre 250.000 chilometri quadrati di oceani sono diventate aree senza vita, anche se non in senso assoluto in quanto alcuni microorganismi ancora vi esistono e questo è dovuto alla grande quantità di materie organiche che si trovano alla foce dei grandi fiumi;
– il 43% delle terre coltivate rischia la desertificazione, ovvero rischia di diventare improduttivo nei prossimi 30/40 anni. Se andiamo avanti così, circa il 40% della disponibilità di acqua dolce calerà nei prossimi 50 anni;
– la produzione di CO2, un gas serra, è aumentata di quattro volte rispetto agli inizi del grande sviluppo industriale degli anni 60; la concentrazione dell’anidride carbonica in atmosfera è passata da 315 parti per milione della fine ’50 ai 411 del 2018.
Tutto questo indica il raggiungimento dei cosiddetti “TIPPING POINTS”, che sono punti di non ritorno ecologici per cui un sistema quando raggiunge questi punti, collassa e non è più in grado di generare quelli che sono i cosiddetti servizi ecosistemici che sono fondamentali per l’esistenza della nostra specie e delle altre specie terrestri, vegetali e animali. Ciò avviene, ad esempio, quando una foresta viene bruciata per il 70% e il restante 30% non è in grado di rigenerare la quantità dell’ecosistema precedente.
Ma come mai si è giunti a rischio di contrarre questi punti di non ritorno ecologici? Perché nell’era in cui la specie umana domina l’intero ecosistema terrestre (“ANTROPOCENE”), il modello economico basato sulla crescita infinita porta a utilizzare i beni naturali in modo assolutamente non corretto.
Il rapporto tra ecologia ed economia è un rapporto molto stretto. L’ecologia è lo studio dell’ambiente, mentre l’economia è l’amministrazione dell’ambiente; non esiste economia senza l’utilizzo dei beni naturali.
Nel minare la stabilità del clima e nel mettere a repentaglio quelli che sono i servizi ecosistemici, l’economia attuale – in quanto economia estrattiva e dissipativa – dal punto di vista ecologico risulta insostenibile. Un sistema economico fortemente dissipativo è destinato a declinare; per avere un sistema economico stabile è fondamentale conservare la materia e produrre energia da fonti rinnovabili. L’IMPRONTA ECOLOGICA è il peso che noi esercitiamo sull’ambiente in termini di consumi di suolo, di acqua, di beni naturali, di alimenti che provengono dall’agricoltura. Quello che il territorio della regione Toscana può offrire a noi in termini di disponibilità di terreno bio-riproduttivo, che è in grado cioè di produrre aria pulita, acqua pulita, alimenti puliti, è limitata a 2,3 ettari pro-capite; invece noi consumiamo 4,2 ettari. Tale consumo eccessivo è possibile perché andiamo a prendere le quantità mancanti in Toscana di materia ed energia in altre zone del mondo, a discapito delle nuove generazioni che non avranno disponibilità nei prossimi anni di quell’energia e di quella materia che vengono utilizzate oggi per avere uno stile di vita che è assolutamente insostenibile sotto il profilo ecologico.
Le emissioni di CO2, metano e quant’altro che alterano il clima, sono quindi RIFIUTI estremamente pericolosi. Se queste emissioni, incolori e inodori, fossero nubi colorate, ci renderemo conto che siamo avvolti da una grandissima quantità di emissioni. Basti considerare che adesso la misurazione di CO2, che si fa per identificare il processo di riscaldamento totale del pianeta, ha raggiunto le 400 parti per milione presenti nell’atmosfera ed è il picco più alto degli ultimi 800.000 anni. Questo picco è stato raggiunto in pochi decenni. Le fluttuazioni climatiche ci sono sempre state, solo che si sono sviluppate nel corso di migliaia di anni, come durante i periodi glaciali; in 40 anni noi abbiamo raggiunto una situazione di riscaldamento globale che in tempi remoti si raggiungeva in centinaia di migliaia di anni.
Di conseguenza anche la risposta degli ecosistemi terrestri non è una risposta di adattamento. Non c’è tempo affinché le foreste, i mari… riescano ad adattarsi in tempi brevi al cambiamento climatico in corso.
Gli scienziati dell’ONU (IPCC) hanno realizzato un report spiegando cosa succederà nei prossimi 11 anni se noi non riusciremo a invertire la situazione attuale perché siamo moto vicini a un tipping point che è stimato in 2°C in più della temperatura a livello globale rispetto all’era preindustriale, in cui alcuni meccanismi di condizionamento del clima non sono più reversibili.
Come umanità abbiamo di fronte due futuri possibili scenari, il primo dei quali è quello di andare incontro all’aumento di 2°C della temperatura a livello globale. Il Mediterraneo, per esempio, è il luogo dove avvengono più che altrove nel mondo i cambiamenti climatici con sbalzi di temperatura e di caos climatico estremamente repentini e forti. Il “Mare nostrum” ha già una temperatura di 1°C in più rispetto a quella di 50 anni fa e questo è molto significativo per quanto riguarda la vita all’interno del mare e il rilascio di calore nell’atmosfera. Quindi 2°C in più del mar Mediterraneo secondo il centro studi dell’ONU vuol dire 5/6°C in più nell’atmosfera soprastante, anche 8 o addirittura 9.
Il secondo scenario, che è il peggiore, è quello di assistere, a fine secolo a un aumento della temperatura globale di 5/6° di media non compatibile con la sopravvivenza della specie umana, in quanto avremo lo scioglimento dei ghiacci, vaste aree desertificate… e noi in questo momento stiamo andando dritti verso questo scenario. Per il momento bisogna riuscire a stare nei 2°C e prevenire le situazioni peggiori di qui alla fine del secolo.
Non sono solo le grandi industrie che producono i gas serra colpevoli di tutto ciò; ricordiamoci che è fondamentale anche ridurre i tagli delle grandi aree boschive che avvengono in tutto la Terra e che sottraggono capacità del sistema complessivo di assorbire anidride carbonica e rilasciare ossigeno.
Il 25% delle emissioni globali è derivato dal taglio delle foreste, l’altro 25% è dato dal sistema di produzione industriale delle carni in particolare di quelle bovine, in quanto si tagliano le foreste per produrre mangime per questi animali. Gli effetti delle emissioni sono: forti alluvioni, desertificazioni di vaste aree, che non sono solo determinate dal cambiamento climatico o dal riscaldamento globale ma dallo sfruttamento intensivo che l’agricoltura industriale fa del terreno. Per esempio, nella Cina centrale, c’era un’area vastissima coltivabile che negli ultimi 10 anni è stata trasformata in sabbia dal tipo di agricoltura industriale non sostenibile che è stata praticata per circa 30 anni. Questo ha messo in moto un meccanismo per cui il governo cinese con compagnie private è andato a cercare terre da coltivare in altri paesi (land grabbing) con un meccanismo che sta consentendo alla Cina di alterare la produzione agricola in Africa e di minare la sovranità alimentare per fornire prodotti alimentari ai propri cittadini.
Altro aspetto da considerare è quello dei PROFUGHI AMBIENTALI per i quali l’ONU ha stimato 150 milioni di profughi da qui al 2050. E anche i fenomeni di retroazione non sono da sottovalutare; per esempio, l’esplosione di gas metano nel permafrost della Siberia, oltre ad aver lasciato un buco enorme, ha riversato una discreta quantità di questo gas nell’atmosfera. Il 20 % della superficie terrestre è coperto da permafrost e all’interno del permafrost ci sono stoccati enormi quantità di gas metano che ha una potenza serra di circa 21 volte superiore dell’anidride carbonica. Per ogni chilogrammo di metano che va nell’atmosfera è come si immettessero 21 kg di CO2; se il metano si dovesse riversare in grandi quantità nell’atmosfera, la concentrazione dei gas serra sarebbe tale da essere letale per l’uomo. Quindi è obbligatorio intervenire prima che questo avvenga.
L’ultimo scenario da considerare è questo: se non invertiamo la rotta, Pisa a fine secolo si troverà sommersa dalle acque, in quanto, a causa dello scioglimento dei ghiacci, si avrà un innalzamento del livello del mare!
La crescita infinita non è possibile su un pianeta dalle risorse limitate; la specie umana è inserita in una complessa rete di relazioni con tutto ciò che è vivente e tale aspetto deve essere sempre tenuto presente.
Ma una sostenibilità planetaria è ancora possibile? E’ possibile passare a un modello economico e sociale “carbon neutral”? Esiste la possibilità di fare qualcosa per non andare dritti, come stiamo facendo, nel muro dei 5/6°C di aumento della temperatura media terrestre?
Sicuramente possiamo fare qualcosa! Dobbiamo creare un sistema economico stabile che garantisca a tutti una condizione di vita sufficientemente buona e che sia nei limiti ecologici. Per fare questo bisogna recepire il concetto di RESILIENZA. La resilienza in fisica è la capacità di resistere agli urti, in biologia è la capacità di un organismo di autoripararsi dopo un danno mentre in ecologia la resilienza è la capacità di un ecosistema, inclusi quelli umani, di ripristinare il proprio equilibrio in seguito a un shock esterno che modifica lo stato dell’ambiente e ne compromette le risorse.
Noi lo shock lo stiamo già subendo ed è quello della crisi ambientale con il segnale che ci lancia con le prospettive negative per quanto riguarda il riscaldamento globale. Siamo in grado di sviluppare resilienza e di opporci ad un destino che sembrerebbe inevitabile?
Certo! Per avere maggiore RESILIENZA dobbiamo:
-diminuire rapidamente il livello delle emissioni climalteranti
-diminuire rapidamente il livello di conflittualità con la biosfera
-abbandonare l’economia estrattiva-dissipativa.
Per fare tutto ciò è stato avviato un processo di transizione in molte regioni e in molti paesi del mondo. Nella città inglese di Bristol, per esempio, il sindaco e l’amministrazione comunale si sono fatti preparare dagli esperti un progetto per far uscire la città dal condizionamento del petrolio. La Costa Rica, che è l’unico paese privo di esercito, nel giro di pochi anni ha organizzato la produzione di energia elettrica esclusivamente da fonti ecosostenibili. Oggi il 99% della produzione elettrica della Costa Rica proviene da fonti rinnovabili; nonostante questo paese abbia giacimenti di petrolio il governo ha deciso che questo resti sottoterra e che vengano utilizzate le fonti rinnovabili.
Altro aspetto fondamentale è quello della produzione locale del cibo. Consideriamo che quello che si trova nei supermercati percorre di media 1500 chilometri il più delle volte su gomma. Il calcolo monetario del costo dei beni alimentari non è il vero valore. Una ricerca ha dimostrato che negli USA il costo di un hamburger che è di 3 dollari non tiene assolutamente conto delle ricadute a livello ambientale e sociale di come viene prodotto. In realtà il vero valore è 10 volte tanto. Solo che questi costi noi non li percepiamo perchè non vengono contabilizzati quindi acquistiamo il prodotto con un valore che non è il suo ma nel frattempo quel valore ha intaccato i sistemi ecologici che sono stati utilizzati per produrlo.
In sostanza si può e si deve cambiare; gli strumenti, le conoscenze e le competenze scientifiche per farlo ci sono ma dobbiamo agire in tempi brevi.
Oltre a confidare nell’azione dei Governi, è necessario anche riorganizzare a livello locale l’economia e passare ad un’economia circolare: utilizzo delle risorse locali, non spreco, produzione di energia locale…
Greta Thunberg, 16 anni, svedese, seguita adesso da migliaia di suoi coetanei, con la sua sola forza di volontà, dall’estate scorsa ha iniziato una forma di protesta di fronte al Parlamento svedese per attirare l’attenzione sulla questione dei cambiamenti climatici in quanto in Svezia si sono registrate temperature mai avute prima che hanno superato i 30° e si sono sviluppati incendi vastissimi.
Le storie di due piccole isole del Pacifico, Rapa Nui, meglio conosciuta come l’Isola di Pasqua e Tikopia non vanno dimenticate. Due piccole isole del Pacifico, due storie diverse.
Rapa Nui, isola governata da una forte gerarchia maschile, nel tempo ha sfruttato le risorse naturali al punto tale di esaurirle e la comunità si è praticamente estinta. Solo alcune decine di persone sono arrivate ai giorni nostri. Tikopia invece era gestita dalle donne che, nel momento di estrema criticità in cui l’aumento della popolazione ha fatto sì che non ci fosse cibo per tutti, hanno deciso che era necessaria una diminuzione delle nascite, che era necessario non tagliare le foreste ma coltivare al loro interno, che era necessario pescare il pesce in modo contenuto in modo da permetterne il ripopolamento, e non allevare suini che si nutrivano di troppa biomassa necessaria per il sistema ecologico dell’isola. Con tutti questi accorgimenti i tikopiani continuano a vivere in armonia col proprio ambiente.
E noi dobbiamo seguire il loro esempio!
Emiliano Barsotti – classe 1°B afm ITE A. Pacinotti Pisa
Franco dice
Molto molto interessante e costruttivo merita la giusta divulgazione
Maria dice
Molto chiara l’esposizione e i pericoli a cui andiamo incontro.
Cerchiamo di difendere il nostro pianeta diffondendo lavori importanti come questo.
Bravissimi.