Negli ultimi due numeri di Rapsodia è stata raccontato la storia della Palestina dividendola in due parti, per descrivere il processo storico che ha portato alla situazione attuale; dopo aver fatto ciò, la cosa più importante è applicare queste conoscenze a ciò che vediamo oggi, in particolare rispondendo alla domanda più controversa della questione palestinese oggi: c’è un genocidio in corso a Gaza? Questa domanda è fondamentale nella comprensione del conflitto, e c’è stato un ampio dibattito a riguardo. Nelle manifestazioni filo palestinesi si invoca spesso lo stop al genocidio, mentre chi supporta Israele lo nega totalmente, e figure che sembravano progressiste come Liliana Segre e il presidente dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), Gianfranco Pagliarulo, hanno fatto dichiarazioni che criticano l’uso della parola “genocidio” per descrivere la situazione a Gaza.
Il fine che mi propongo è, quindi, quello di indagare ciò che sta accadendo per scoprire la giusta risposta a questa domanda, precisamente se a Gaza è presente una situazione che risponde alla definizione di genocidio, ovvero quella della Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Delitto di Genocidio del 1948.
Secondo questa convenzione, per stabilire la presenza di un genocidio sono necessari “l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale” combinato a varie azioni, tra cui “uccidere membri del gruppo” e “infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica totale o parziale”.
Le dichiarazioni che mostrano questo intento da parte dei membri più importanti del governo e dell’esercito israeliano sono molteplici. Il nove ottobre il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha reso una dichiarazione pubblica in cui ha detto: “Stiamo imponendo un assedio completo su Gaza. Non ci sarà elettricità né acqua né carburante. Tutto sarà bloccato.”; per poi aggiungere, “Stiamo combattendo degli animali umani e agiamo di conseguenza”.
Il 10 ottobre un generale israeliano, Ghassan Alian, ha dichiarato: “Il rapimento, l’abuso e l’omicidio di bambini, donne e anziani non sono umani. Non vi è alcuna giustificazione per ciò. Hamas si è trasformato nell’Isis e il popolo di Gaza, invece di essere inorridito, lo sta celebrando. […] Gli animali umani devono essere trattati come tali. Non ci sarà né elettricità né acqua [a Gaza], ci sarà solo distruzione. Volevate l’inferno, avrete l’inferno.”
Un parlamentare del Likud, il principale partito israeliano, ha scritto: “In questo momento, un obiettivo: Nakba! Una Nakba che metterà in ombra la Nakba del 48. Nakba a Gaza and Nakba per chiunque si azzardi ad unirsi!” Per avere chiare le gravissime implicazioni del riferimento alla Nakba indirizzo all’articolo sulla storia della Palestina del secondo numero di questo giornale.
Ma la dichiarazione da cui è più facilmente intuibile un intento genocida è quella del primo ministro Nethanyau che ha dichiarato alla nazione “Dovete ricordare ciò che Amalek vi ha fatto, dice la nostra Sacra Bibbia. E noi ricordiamo.”, paragonando i Palestinesi con gli Amalek, una popolazione biblica che viene considerata nemica degli Israeliti, tanto da dover venire totalmente sterminata per ordine di Dio.
Tutte queste dichiarazioni mostrano l’intento genocida di Israele nelle sue azioni a Gaza, in quanto demonizzano un popolo e si propongono di rendere terribile la sua vita. Se non bastasse, l’intento si può dedurre anche dalle azioni che costituiscono crimini di guerra, sicuramente presenti nel conflitto a Gaza, visto che l’aereonautica israeliana ha
colpito moltissimi edifici civili senza che fosse stata dimostrata la presenza di postazioni militari, a volte uccidendo decine di persone senza nessuna proporzionalità; le dichiarazioni di alcuni soldati israeliani anonimi mostrano che è diffusa l’idea di colpire le installazioni civili per tentare di delegittimare Hamas, il che significa che Israele colpisce deliberatamente luoghi senza presenza militare.
A quest’intento si associa anche una quantità enorme di vittime civili, con 32.000 morti e 74.000 feriti al 25 marzo 2024 (secondo i dati affidabili del Ministero della Salute di Gaza) in maggioranza donne e bambini che non combattono; non solo questo, ma anche la sempre più mortale malnutrizione e l’assenza di acqua potabile che si hanno a Gaza rendono il conflitto a Gaza uno dei più sanguinosi della storia recente e rispondono alla definizione di genocidio.
Oltretutto a Gaza la scarsità di acqua e di cibo, deliberatamente causata dalle azioni israeliane, mette in grave pericolo la vita di tutti gli abitanti.
In base a questi elementi è giusto affermare che, secondo la legge internazionale, a Gaza c’è un genocidio messo in atto dalle forze israeliane.
Data questa conclusione, che si appoggia su moltissimi elementi, ritengo necessario non solo constatare i fatti, ma muoversi per cambiarli; in Palestina non si potrà cercare nessuna soluzione finché continuerà il genocidio, e visto che Israele si appoggia sul supporto occidentale noi abbiamo la possibilità di impattare la situazione mostrando solidarietà al popolo palestinese e lottando per impedire la collaborazione delle nostre istituzioni al genocidio.
Questo, però, è possibile solo se ci schieriamo in modo deciso.
Valerio D’Amato (classe 2B – liceo classico)
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