Dall’ottobre scorso, fino a febbraio 2025, Palazzo Blu a Pisa ha ospitato la mostra del maestro indiscusso dell’Ukiyoe: Katsushika Hokusai.
Tipiche della corrente sono le rappresentazioni di scene di vita quotidiana del Giappone del periodo Edo (1603-1868) con tratti ironici, encomiastici e persino erotici e soggetti tra i più disparati quali geishe, poeti, attori di teatro e personaggi mitici. Nelle opere di Hokusai, il protagonista indiscusso è però il monte Fuji, rappresentato con 36 diverse vedute e, contrariamente alle aspettative, soggetto principale anche de “La grande onda” che con la sua increspatura porta lo spettatore a focalizzarsi su di esso. La realizzazione di tale opera, assieme alla maggior parte delle restanti, é prodotta attraverso la xilografia. La tecnica prevede l’incisione su diverse matrici di legno delle campiture e, una volta ricoperte d’inchiostro, la successiva pressione sulla tipica carta di riso giapponese.
Hokusai realizza anche15 manualetti, meglio conosciuti con il nome di “Manga”, al fine di studiare e divulgare la tecnica di produzione delle opere. Entrambe le tipologie di opere necessitano, a causa dei loro materiali, di una conservazione particolare: infatti la carta e l’inchiostro devono essere esposti ad un massimo di 50 lux e per un periodo di tempo limitato. Tra le mostre ospitate fin qui ospitate a Palazzo Blu questa ha infatti avuto una durata inferiore; nonostante ciò, ha raggiunto i 116.000 visitatori, superando tutte le precedenti.
Questo successo è dovuto a diversi fattori: l’apprezzamento generale dell’arte giapponese in Italia, la presenza della celebre “Onda” e in generale di una collezione, proveniente quasi esclusivamente da Genova, contenente pezzi o non esposti da tempo o inediti, ma anche di altre produzioni di altri artisti contemporanei. Esse permettono dimostrare come Hokusai abbia influenzato il mondo dell’arte dai suoi tempi fino ad oggi. L’artista riuscì, infatti, a coniugare con la classica arte giapponese la tridimensionalità delle opere occidentali, e così quando le sue stampe arrivarono sotto gli occhi di Van Gogh quest’ultimo decise di dare la forma d’onda al cielo de “La notte stellata”; Debussy compose i tre scritti sinfonici de “la Mer”, e Monet pensò di raffigurare le ninfee del suo giardino con le stesse pennellate rapide che Hokusai usò per le piume dei suoi uccelli.
Pertanto è possibile sostenere che, nella nostra città, è stato ospitato un vero caposaldo della storia dell’arte, un uomo ossessionato, innamorato, “pazzo” per l’arte e alquanto perfezionista che difatti concluse la sua vita dicendo: ”Se il Cielo mi concedesse ancora dieci anni […] anche solo cinque anni in più sarei potuto divenire un vero artista”.
Riccardo Nicoletti (classe 2D – liceo classico)
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