“Bent” è uno spettacolo che è stato messo in scena dalla compagnia teatrale Cervelli in tempesta al Teatro Verdi di Pisa, giovedì 26 gennaio, nell’ambito delle iniziative organizzate per il Giorno della Memoria. Nella notte dei lunghi coltelli della Berlino del 1934, agenti delle SS (squadre segrete) e delle SA (squadre di assalto) del regime nazista dettero inizio a una feroce campagna repressiva contro gli omosessuali. Il protagonista Max e il suo compagno Rudy, un ballerino del pub che i due frequentano, di fronte al precipitare degli eventi, dopo aver tentato invano la fuga, vengono arrestati e caricati su un treno diretto al campo di concentramento di Dakau.
Appena arrivati al campo, Rudy viene ucciso; è lo stesso Max a dover prendere a calci il compagno già pestato a morte dalle guardie. Max riesce a sopravvivere nascondendo la propria omosessualità ma è solo quando conosce Horst, un prigioniero con il triangolo rosa in quanto omosessuale, che ritrova la forza per affrontare le difficoltà della prigionia. Horst, prima con aggressività, poi con dolcezza si avvicina a lui facendo nascere un legame speciale. I due si sosterranno a vicenda nell’orrore del campo e vivranno un’esperienza dolorosa ma importante nel difficile percorso di accettazione che Max intraprenderà.
Già dal titolo dello spettacolo possiamo avere un’idea dell’argomento trattato. La parola bent deriva infatti dall’inglese e significa letteralmente “piegato” in senso dispregiativo, ad indicare una categoria di uomini che è indirizzata verso una strada di vita che non segue il cammino lineare del resto della popolazione. Le scelte di messa in scena sono molto semplici ma intense: pochi oggetti sul palco e con più funzioni nei diversi momenti dello stesso spettacolo; una rampa in legno che farà sia da letto che da muro quasi a simboleggiare, allo stesso tempo, l’unità e la divisione. Anche il numero di attori è ridotto al minimo probabilmente per riuscire a stabilire un legame più forte tra i personaggi e il pubblico e per dare enfasi ai sentimenti e alle emozioni degli attori.
L’aspetto più interessante dello spettacolo è stata innanzitutto la scelta del tema che ha dato centralità a una “categoria” di persone che non molto spesso vengono ricordate nelle celebrazioni del Giorno della Memoria, nonostante quello che hanno sofferto. Mi ha affascinato vedere la crescita e la maturazione di Max fino all’accettazione e alla scoperta di sé. Pur nella drammaticità del contesto e della situazione, attraverso Max, la storia raccontata mostra anche un lato positivo, che dà speranza e permette di cercare di vivere il ricordo di questa giornata non solo con un senso di orrore e di imbarazzo verso il non-limite della cattiveria del genere umano, ma anche con un sentimento di fiducia per le conquiste di libertà raggiunte e per quelle che ancora possiamo raggiungere imparando dal passato.
Giulia Carli
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