Dopo essermi preparato, scesi per la colazione, trovando tutti (mia sorella compresa) seduti a tavola: – Allora, dovremo seguire tre percorsi diversi per arrivare a scuola. – Disse Sei – Dovrete impararli per tutto il tempo durante il quale alloggerete in questa casa. A scuola tutti pensano che io non sia la famosa scrittrice, i cui genitori sono morti quando era giovane; quindi io, Aurora ed Anne prenderemo il pullman, come sempre. Voi due andrete in bicicletta, quindi dovrete farvi un piccolo giro. Ecco, guardate qui – disse mostrando ai presenti una cartina dispiegata sul tavolo, con cinque linee di un diverso colore. Partivano tutte dallo stesso punto ed si ricongiungevano in un altro punto a qualche centimetro di distanza, ma si dividevano in due percorsi diversi: tre prendevano la strada più breve fra i due punti, mentre le altre due facevano un giro abbastanza grande.
– Le linee azzurra, gialla ed arancione rappresentano me, Aurora ed Anne. Le linee verde e rossa rappresentano Gray e Sheila, questo sarà il vostro percorso. Conoscete le strade qui intorno? – ci domandò Sei.
– Ci stai davvero chiedendo se le conosciamo? – le chiese a sua volta mia sorella.
– Conosciamo ogni vicolo di quelle strade, – risposi io – era il nostro labirinto per scappare da quelli che ci hanno portato all’orfanotrofio, eravamo con un gruppo di altri ragazzi senzatetto a quei tempi.
– Cosa vi è successo? Abbiamo bisogno di saperlo, potrebbe succedere di nuovo, visto che potrebbero pedinarvi o seguirvi. – disse Emma.
La sua osservazione era giusta, ma io non potevo ancora parlare di quel periodo. Erano passati nove anni, e non ero ancora pronto. Iniziavo a chiedermi se lo sarei mai stato. Ogni volta che si sfiorava solo una questione simile in una discussione, io la collegavo al mio passato, e diventavo silenzioso come un morto.
– Fu un ragazzo del gruppo, – era stata Sheila a parlare – ci tradì con quei tizi per non essere portato all’orfanotrofio, ed il risultato fu che ci finimmo tutti, ed anche pieni di botte.
– Vi hanno picchiato? – chiese Anne, con un tono dal quale si intuiva che le ispiravamo pietà, o, come minimo, il nostro passato gliela ispirava.
Noi due annuimmo, e lei sembrava sul punto di farci un’altra domanda, quando Sei precedette dicendo: – Se non ci sbrighiamo faremo tutti tardi, e per loro è anche peggio dal momento che è il loro primo giorno di scuola.
Rimanemmo tutti a bocca aperta, Emma, Aurora ed Anne probabilmente perché pensavano che ci facesse bene parlarne, mentre noi due esclusivamente perché avevamo capito che Sei non voleva farci sentire ancora peggio con delle stupide domande sulla nostra infanzia, proprio quando dovevamo andare a confrontarci con svariate centinaia di studenti che un orfanotrofio probabilmente non l’avevano neanche mai visto. In quel momento pensai di essermi scelto una ragazza difficile da amare, ma solo perché si nascondeva dietro una maschera di cinismo, mentre nel profondo era dolce e generosa. Alla fine uscimmo piuttosto tardi e dovemmo correre per arrivare in orario.
Ci trovammo (come avevo immaginato) nella stessa classe delle nostre nuove sorelle, e solo a quel punto mi domandai come avremmo sistemato la faccenda con dei cognomi uguali, ma poi l’insegnante presentò me e Sheila come Parker, lo stesso cognome di Emma, mentre sembrava che Aurora, Anne e Sei ne avessero diversi, probabilmente falsi. Così cercai di dimenticare le mie preoccupazioni e di rimanere attento alle lezioni, quando il mio compagno di banco, che aveva detto di chiamarsi Orazio, mi sussurrò: – Senti un po’ ma tu conosci qualcuno in classe nostra? – in preda la panico, temendo di essere stato scoperto il primo giorno, dissi nervosamente: – Ma no, cosa dici, non conosco nessuno qui.
– Sul serio? Allora guarda un po’ a destra dietro di te, non capisco perché, ma un nostro compagno di classe ti guarda torvo.
Io mi sorpresi molto della sua affermazione, perché non conoscevo nessun ragazzo di quella classe, così mi girai. Ed indovinate chi trovai. Una persona di cui avevo dimenticato l’esistenza, e che avrei realmente preferito che non esistesse. Io ricambiai subito il suo sguardo infuriato, come se la nostra lotta non si fosse mai interrotta. Continuammo a guardarci così per più di cinque minuti, ignorando il mondo, fino a che la professoressa ci vide e si infuriò: – Voi due smettetela! Dovete prestare attenzione alla lezione, Gray ed Artù!
Mi ero dimenticato di Artù. Avevo dimenticato che era nella stessa classe di Sei. Avevo dimenticato che sicuramente aveva una cotta per Sei. Avevo dimenticato che aveva sicuramente capito che io amavo Sei. E allora pensai: “E guerra sia, re d’Inghilterra”.
A ricreazione tutta la classe si avvicinò a me e Sheila ed iniziarono a farci diverse domande. Ad un certo punto si avvicinò una ragazza particolarmente carina, cosa che però giudicai da giudice imparziale, tanto per commentare. La ragazza aveva dei capelli biondi e lunghi, ed un viso rotondo, i suoi occhi erano grigi con sfumature marroncine nelle vicinanze delle pupille. Era alta all’incirca quanto Sei, ed aveva un’aria curiosa, leggermente diversa da quella delle altre persone che avevamo intorno. Si presentò dicendo: – Ciao, io sono Denise. Spero che starete bene qui con noi.
Allora era lei Denise! Non sapevo bene cosa rispondere e stavo andando di nuovo in crisi, quando qualcuno disse: – E così abbiamo dei nuovi studenti. Interessante.
Fra la folla si fece largo proprio Sei, che lanciò un’occhiata poco amichevole a Denise. Mi sembrò di vedere Artù che mi guardava in cagnesco, anche se fu solo per un attimo.
– Tu sei il ragazzo che ho fermato in palestra, – continuò Sei, facendomi sudare freddo con quell’affermazione – vedi di non farti più possedere e di non stare tra i piedi.
Detto questo si allontanò uscendo dalla classe, seguita da Aurora ed Anne, che non avevano commentato il suo comportamento, nonostante a casa l’avessero sottolineato, scontente, insieme ad Emma.
Rimasi molto sorpreso dall’atteggiamento che manteneva a scuola, si nascondeva dietro una maschera ancora più finta di quella che teneva a casa. Volevo farla aprire, ed avrei lavorato sodo per riuscirci.
Fine parte 7
Alys
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