Questo pomeriggio abbiamo partecipato a un incontro in videoconferenza col giornalista Rodrigo Andrea Rivas. Hanno introdotto il “laboratorio di giornalismo partecipato” i professori Andrea Vento, Cristina Giorgi, Michela Benedetti, Carmen Llerena e la preside Giuliani dell’istituto Galilei-Pacinotti, i quali ci hanno parlato degli obiettivi che questo incontro si proponeva e dell’opportunità che aveva per essere un momento di confronto e uno scambio di idee.
Dopo la breve introduzione ha preso la parola il giornalista professionista d’origine cilena Rodrigo Rivas, il quale ci ha parlato della tecnica delle 5W (what, who, where, when, why), ovvero le cinque domande fondamentali usate dai giornalisti per scrivere in maniera adeguata una notizia, facendoci alcuni esempi su questa tecnica.
Poi è passato a raccontarci varie storie, alcune scritte anche da lui stesso, come per esempio “I pericoli della lettura”, per farci capire come si scrive una “storia” degna di essere raccontata. Un esempio che ci fatto è un film del 2004 di Arturo Infante intitolato Utopia, il quale è composto da più storie. In una di queste si raccontava di un gruppo di meccanici che erano seduti a un tavolo dell’Havana a bere quando, ad un certo punto, cominciano a picchiarsi. Si racconta anche di due donne che erano ad un salone di bellezza a farsi i capelli e, dopo un po’, anche loro si arrabbiano e cominciano a picchiarsi. Alla fine delle due storie si capisce che i meccanici stavano discutendo sul fatto se esistesse un barocco americano e, più specificatamente, un barocco cubano, mentre le donne discutevano se La Traviata fosse un’opera di Verdi oppure di Puccini. Lo scopo di questa storia, ci dice Rivas, è far capire allo spettatore che le persone hanno un’idea strana sul mondo: se al posto dei meccanici a parlare del barocco ci fossero stati due nobili inglesi, ci sarebbe sembrata una scena normale. Questa storia vuole portare lo spettatore a capire che le idee che abbiamo sul mondo talvolta sono sbagliate, che il mondo è molto più complesso di ciò che crediamo e che la ricchezza di una persona non automaticamente segno di cultura. Vuole dimostrare che la cultura di una persona non basta a cambiare i comportamenti e gli atteggiamenti delle persone verso di lei: un meccanico cubano resterà sempre un meccanico cubano anche se ha una cultura alta.
Durante il suo intervento, Rivas ci ha fatto riflettere su cosa sia veramente il giornalismo. Ci ha spiegato che un articolo giornalistico, per essere definito tale, deve essere interessante, deve avere un senso e deve portare il lettore a delle conclusioni. Una notizia è un qualcosa che si considera degno di essere raccontato, l’unico problema è che ognuno di noi ha una visione soggettiva di cosa sia degno di essere raccontato.
Il primo a definire il giornalismo fu Erodoto, filosofo greco che definì la differenza tra un racconto e una storia: il racconto deve limitarsi alla narrazione dei fatti, mentre, invece, la storia deve completare quei fatti con tutte le spiegazioni che la rendono comprensibile al lettore.
Esistono due tipi di giornalismo: il giornalismo obiettivo, che si limita a raccontare i fatti incontestabili, e il giornalismo che riporta fatti aggiuntivi ed espone anche il proprio punto di vista.
Per concludere il suo discorso, Rivas ci ha fornito una visione di cosa, per lui, rappresenti il giornalismo: il giornalismo richiede curiosità, studio, educazione, amore per il mestiere, responsabilità ed esercizio in questo campo. Fare il giornalista significa avere la libertà di esprimere idee e valori e poter stabilire un rapporto con gli altri. Se si vuole fare giornalismo, però, non bisogna inventarsi gli argomenti di cui si tratta, anche se ci sembrano logici, ma bisogna stare ai fatti. Il giornalista deve sapere di cosa trattare, deve essere responsabile di ciò che riporta, deve verificare l’attendibilità delle proprie fonti e deve cercare di essere netto.
Matilde Rindi – classe 4E (indirizzo linguistico) Liceo Carducci
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