In seguito alla giornata del 25 Novembre, data internazionale contro la violenza sulle donne, abbiamo condotto alcune interviste fra gli studenti – ragazze e ragazze – del nostro Liceo, rivolgendo loro a tre domande: cosa fosse il femminismo secondo loro, se oggi sia necessario ancora portare avanti questa battaglia e, se sì, come, e se avessero mai subito violenza di genere, sia fisica sia psicologica o se l’avessero, a parer loro, mai condotta.
Le interviste sono risultate tutte abbastanza omogenee, soprattutto sul significato di femminismo come lotta per la parità di genere e assolutamente non come la rivendicazione di superiorità da parte delle donne. “Il femminismo indica la parità, in ogni ambito, dei sessi. Il femminismo dà forza alla libertà di espressione di chi, in passato, ne è stato privato. Molti ritengono che manifestando un pensiero femminista, si voglia affermare che le donne siano superiori agli uomini: errato. Chi si definisce femminista sostiene una completa parità sociale, politica e lavorativa senza aver alcuna disparità di genere.” Questa è stata una delle risposte alla prima domanda.
Rispetto alla seconda domanda, alcune risposte sono state le seguenti:
“Per quanto la nostra società si possa ritenere evoluta, in realtà avvengono di continuo degli episodi di discriminazione di genere, più o meno evidenti. Ad esempio, non è raro che sul lavoro alle donne spettino retribuzioni inferiori rispetto agli uomini; inoltre è molto più difficile per una donna ottenere incarichi dirigenziali sul posto di lavoro. In più, quante volte il corpo femminile viene sfruttato dai mass media? Quante volte le donne vengono ridotte al loro puro aspetto fisico e giudicate sulla base di esso, piuttosto che per le proprie capacità? E quante volte le donne subiscono terribili violenze, sia fisiche che psicologiche, perché considerate più deboli ed indifese, oppure sono trattate come semplici oggetti da vendere e comprare? Tutte queste piccole o grandi differenze sono oggi considerate quasi parte della quotidianità: viviamo purtroppo nell’illusione di vivere in una società “moderna e progredita”, che non ha più bisogno di preoccuparsi di questioni sorpassate come la disparità di genere, e purtroppo ormai in pochi prendono veramente sul serio la battaglia portata avanti dal femminismo.”
“Per la mia esperienza sono stati diversi i ragazzi scartati e giudicati perché non abbastanza “maschi”, ma sono stati ancora più numerosi i ragazzi che hanno tracciato, evidenziato e marcato la linea divisoria tra quello che deve essere la donna e quello che deve essere l’uomo, conseguenza ne sono le ragazze che hanno deciso di ignorare questa barriera sbagliata e costruita da stereotipi, definite poco femminili, “maschiacci”.”
“Certo, gli ideali femministi devono essere portati avanti giorno per giorno e, soprattutto, non solo dalle donne. Grazie alle lotte fatte durante gli scorsi decenni, abbiamo raggiunto grandi traguardi, ma col tempo sono cambiati anche i tipi di problemi, e dal ’68 abbiamo nuovi aspetti di cui ci dobbiamo occupare: lottare contro l’oppressione, sfruttamento, sessismo, razzismo, omofobia e transfobia.”
Per la terza domanda le risposte sono state per lo più negative, nella maggior parte dei casi non è stata né subita né praticata violenza di genere. Le uniche risposte a distinguersi sono state queste:
“Non ho mai subito violenze di nessun tipo, ma ammetto di aver fatto battute sarcastiche a proposito della mancata parità tra i due sessi senza purtroppo accorgermi di star facendo uno sbaglio ; la violenza psicologica, arrecata con, ad esempio, una battuta, può essere infatti più dannosa di qualsiasi altra cosa, ma non di qualsiasi altra violenza, soprattutto di quella fisica, che considero barbara e primitiva.”.
Un’altra persona, invece, senza specificare, ha affermato di aver subito violenza psicologica, ma di non averne mai fatta. Infine una ragazza ha detto di aver subito, anche spesso, violenza psicologica, pensando già solo ai fischi e alle battute che sente dietro di lei quando passa il sabato sera, magari con una gonna più corta del solito.
Ed è proprio solo sull’ultima domanda che vorrei soffermarmi; le risposte alle altre, specialmente alla prima, sono state tutte molto chiare e già da sole significative ed esaustive.
Il maschilismo, spesso sotto forma di machismo, permea tutta la nostra società, a scapito sia delle donne sia degli uomini, che sono intrappolati nella gabbia della virilità, del “vero maschio”, che non può lasciarsi andare mai, dovendo sempre rispecchiare l’deale dell’uomo forte psicologicamente e fisicamente, altrimenti l’esclusione sociale. Per le donne, forse, la situazione è più complessa. Le battute per una ragazza in relazione al suo comportamento sono le più svariate e contraddittorie: se ti mostri troppo, allora sei “troia” e ti vuoi svendere; se non lo fai “ce l’hai di legno”; se subisci violenze mentre sei in minigonna “è colpa tua, dovevi coprirti”. Per questo, la lotta femminista consiste nella lotta giornaliera, sia su noi stessi, perché continuamente parlando capita di dire battute sessiste, sia sugli altri, facendo loro notare alcuni atteggiamenti o comportamenti sbagliati. Consiste nel lottare per una città in cui io possa sentirmi libera di tornare a casa da sola il sabato sera, senza aver paura di ogni ombra, di ogni sguardo, di ogni rumore.
Io penso che l’unico modo per combattere il maschilismo, a oggi, sia l’educazione, che dovrebbe insegnare i valori del femminismo ponendoli alla base di tutti gli altri insegnamenti, e non con le quote rosa né con una manifestazione un pomeriggio, anche se quest’ultima può essere importante, in quanto ci ricorda che siamo tutti e tutte uniti in questa battaglia e che c’è ancora bisogno di lottare.
Cara Carla e care ragazze, come giustamente avete rilevato, il femminismo è di fondo la presa di coscienza di un’asimmetria tra i generi in vari ambiti a livello sociale ed anche in termini di rappresentanza del soggetto femminile in sede politica. Avete insieme riflettuto sul perchè, nonostante la scuola Galilei abbia una netta prevalenza di studentesse rispetto a studenti, il ruolo di rappresentanza in Consiglio di Istituto sia sempre ricoperto da studenti maschi? Quest’analisi può essere un modo di valutare le asimmetrie sociali e politiche già alla vostra età e nel vostro contesto. Un caro saluto e buon lavoro!
Gentile signora Di Mrzio, innanzi tutto la ringrazio per aver letto e commentato l’articolo, e poi perché la domanda che ha posto me la sono fatta io stessa più volte, giungendo forse a una conclusione un po’ deludente. È vero, nel nostro istituto, da ormai quattro anni se non sbaglio, i nostri rappresentanti sono solo maschi e nessuna ragazza è riuscita a farsi eleggere (o comunque poche si sono candidate). Probabilmente durante la campagna elettorale, per quanto pensiamo che la nostra scuola sia libera da stereotipi e pregiudizi, la figura maschile è vista come più autorevole, competente e in grado di imporsi, al contrario di quella femminile che può venire sminuita in quanto percepita come più debole. Questo è dovuto, a mio parere, non tanto alla scuola, quanto al contesto sociale che sta alla base e influenza la scuola stessa, aspetto comunque non positivo poiché la scuola dovrebbe riuscire a costituire una “zona franca”, libera dalle iniquità della società in cui tuttavia opera e di cui è, per molti aspetti, espressione.