Clue è stato lo spettacolo che ha concluso la prima edizione del FAcT festival.
E’ stato messo in scena dalla compagnia “Beolco Ruzzante” in onore di Angelo Beolco detto Ruzzante, importante drammaturgo, attore e scrittore padovano del XVI secolo. La Compagnia Teatrale è nata dalla passione di alcuni studenti per il teatro e dal desiderio degli stessi di poterlo proseguire anche durante gli studi universitari e di riportare gli spettacoli teatrali al centro di una società che oramai li sta sempre di più mettendo in secondo piano.
Alcuni membri della compagnia ci hanno raccontato di come questa esperienza non solo li abbia avvicinati e appassionati al mondo del teatro ma sia stata anche un punto di svolta per la loro vita universitaria e uno stimolante passatempo. L’intento della compagnia è di essere aperta a tutti gli studenti dell’Università, perciò i membri che già ne fanno parte non ricercano i migliori, ma vogliono creare l’ambiente giusto per crescere tutti insieme attraverso alcuni esercizi che servono proprio a conoscersi e a poter formare un gruppo.
La compagnia lavora: molto sulla caratterizzazione dei personaggi secondo il metodo Stanislavkij che si basa sull’approfondimento psicologico e sulla ricerca di affinità tra l’attore e il personaggio che andrà a interpretare, attraverso l’espressione delle proprie emozioni e la totale immersione nella parte grazie a un esercizio costante così da rendere credibile l’esecuzione al pubblico. Grande è anche il lavoro sulla parola per riuscire a gestire al meglio i diversi propri dialetti; i vari membri della compagnia provengono da diversi luoghi dell’Italia e, in alcuni casi, adattano le proprie caratteristiche linguistiche al proprio personaggio. Per la compagnia è importante l’interattività con il pubblico per appassionarlo allo spettacolo e al teatro.
Quest’anno la compagnia ha portato in scena al festival un giallo, “Clue”, inspirato al gioco da tavola Cluedo. L’introduzione è affidata a due personaggi esterni che stanno giocando proprio a questo gioco e che ci trasportano in una New England del 1954, dove sei estranei vengono invitati a una cena, in una villa fuori città, da una lettera misteriosa che impone a tutti gli ospiti una sola regola: non rivelare mai la propria identità. La rappresentazione ha inizio con l’ingresso dei personaggi nella villa, presentati dal maggiordomo con i loro pseudonimi che fanno da maschera alle loro storie, poi svelate durante il corso della rappresentazione. Ma manca ancora un personaggio, che compare solo quando tutti si sono accomodati nello studio. Da quel momento alcune verità cominciano a venire a galla e un omicidio viene compiuto. 6 sospettati, 6 armi e 10 stanze.
Uno spettacolo molto ben curato e decisamente ben riuscito: i personaggi sono stati costruiti accuratamente, ma, nonostante mantengano tratti realistici, presentano lineamenti comici che alleggeriscono l’atmosfera. Un’unica pecca: quando l’attore assume le vesti di un altro personaggio non riesce a riprenderne le caratteristiche che l’altro gli aveva assegnato. Per la scenografia l’idea, molto originale, di illuminare differentemente 9 cubi posti al centro della scena, sullo sfondo, ha risolto in modo brillante il problema del dover cambiare stanza. Ho apprezzato molto questo spettacolo ma, come accade spesso giocando a questo gioco, il finale è diventato troppo lungo e ha rischiato di far perdere vivacità a una rappresentazione ben riuscita.
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