
Salve, sono Luigi , quello che di solito si occupa della sezione dedicata ai fumetti.
In questo articolo invece parlerò delle rappresentazioni che si sono svolte al primo piano del Liceo Classico durante i Giorni Classici il cui tema è stato il rapporto tra Dio e gli uomini.
Per me è stato un onore scrivere questo articolo e vi auguro una buona lettura.
Enjoy it!
Il Banchetto degli Dei- a cura della III A
Ci sono tanti modi per raccontare un mito, e due di essi sono raccontarlo come farebbe un narratore greco, dandogli un’aria sacra e solenne oppure facendoci sopra dell’ironia, in modo da renderlo più fruibile a tutti. I ragazzi incaricati di fare questa rappresentazione hanno deciso di scegliere proprio la seconda via, quella umoristica, e devo dire che hanno fatto bene: è difficile non ridere quando gli dei si stuzzicano a vicenda, quando Peleo e Teti non vengono degnati di alcuna attenzione dagli Dei, nonostante fosse la loro festa matrimoniale, e quando, in occasione della scelta della dea più bella da parte di Paride, Afrodite gli suggerisce il nome della donna più bella del mondo e quest’ultimo tira fuori il suo Iphone X per controllare se era già inclusa nella lista di tutte le sue conquiste.
Alla fine il momento clou della rappresentazione, quando Peleo e Teti esclamano sconsolati “ma non eravamo noi i protagonisti?!?”
Per quanto riguarda i costumi, questi sono stati reinterpretati in chiave attuale e hanno ripreso le caratteristiche dei vari Dei dell’Olimpo, come Ares che veste come un militare, Apollo come un texano, senza il cappello da cowboy però, ed Ermes con una tuta sportiva anni 90 e delle scarpe da ginnastica con attaccate delle ali di carta.
La recitazione è stata ottima, autoironica e coinvolgente.
Fatto curioso: tutti gli attori, tranne per Zeus, Apollo, Paride e per chi ha interpretato l’ancella nella storia, erano ragazze. Di certo, il Classico non è conosciuto per la sua sovrabbondanza di alunni maschi, no?
Gli attori sono:
Apollo: Tommaso Badessa (I C);
Artemide: Alice Zaccagnini (V C);
Ares: Camilla Meacci (V D);
Demetra: Annarella Taddei (V D);
Dionisio: Chiara Arcidiacono (II A);
Efesto: Marta Vaselli (II D);
Eris: Giulia Giuntini (V C);
Ermes: Flavia Filippi (II D);
Peleo: Ilaria Fracasso (V C);
Poseidone: Olga Mandarano (II D);
Zeus: Giovanni Azzolini (III C);
Era: Carla Barsanti (II D);
Atena: Marta Vaselli (II D);
Afrodite: Giulia Carli (II D);
Paride: Michelangelo Altavilla (II C);
Ancella: Federico Bellavia (II D);
Teti: Caterina Nicau Castanho (V C);
L’amore tra Afrodite e Anchise
Dato il testo di riferimento, ovvero l’Inno Omerico di Afrodite, questa rappresentazione è stata trattata con un altro registro, cioè con un tono più serio rispetto al Banchetto degli Dei. Per questo sono giustificate le luci soffuse, i numerosi incensi profumati e la recitazione più sofisticata e “lenta”.
L’argomento è l’innamoramento di Afrodite, che rimane colpita dal bel principe Anchise che vede mentre pascola i suoi armenti nei pressi di Troia. Per avvicinarsi a lui, la dea assume l’identità di una principessa frigia, così da nascondere la propria natura divina.
Ciò che ha caratterizzato questa messa in scena, come le due successive che tratteremo, è l’uso dell’espediente della recitazione silenziosa. Gli attori non hanno parlato, è stato il narratore fuoricampo che ha letto il testo e ha dato loro voce; il compito degli attori è stato mimare le azioni dei loro personaggi. Tale scelta tecnica ha dato l’impressione di stare assistendo a una specie di documentario storico, come quelli prodotti dalla Rai o dalla BBC, solo con una sensazione di maggiore astrazione, data dalla morbida e sensuale atmosfera.
Durante la rappresentazione le attrici hanno dato sfoggio della loro abilità nel ballo, con lievi passi di danza e armoniose piroette, rendendo gli spettatori ancora più partecipi della storia d’amore tra il bel troiano e la dea dell’amore.
Gli attori sono:
Afrodite: Emma Greco (IV B) (doppiata da Fabiana Besseghini (I C));
Anchise: Pietro Picarella (I C) (doppiato da Gabriele Balducci (I C));
Ermes: Claudio Sabbatini (I C);
Ninfe: Giulia Boschi (I C);
Grazia: Chiara Lepore (I C);
Medea e Giasone- a cura della IV D
L’oggetto di questa rappresentazione è stato tratto dal secondo libro delle Argonautiche di Apollonio Rodio in cui viene narrato l’incontro tra Era, Atena e Afrodite e della successiva richiesta da parte di Era di far innamorare Medea di Giasone, così da far sopravvivere quest’ultimo alle insidie che affronterà per impossessarsi del vello d’oro.
La particolarità di questa pièce è stata la scelta di rappresentare le dee non come esseri soprannaturali dotati di enormi poteri, ma come donne normali, ordinarie, che vanno a trovare una loro amica e ne approfittano per scambiarsi pettegolezzi secondo il tipico stereotipo femminile (che in effetti è parecchio veritiero – non me ne vogliano le mie amiche). In questo modo gli spettatori hanno avuto la sensazione che gli dei siano molto più umani di come noi li immaginiamo.
La stanza era al buio, illuminata dalla poca luce che filtrava dalle finestre oscurate con tende scure e da alcuni candelabri che avevano la funzione di enfatizzare l’atmosfera da complotto che caratterizzava il comportamento delle dee, nonché la loro volontà di manipolare eventi e persone a proprio piacimento.
Gli attori sono:
Afrodite: Sara Veronesi (III B);
Era: Diletta M;
Atena: Livia Gi;
Eros: Jacopo Gneri (III C);
Giasone: Eugenio L. e Francesco M;
Medea: Giorgia D’ Auria (I C);
Il sacrificio di Ifigenia –a cura della II A
Il gruppo che ha messo in scena il laboratorio ha proposto il sacrificio di Ifigenia presentandolo in due versioni, quella greca di Euripide e quella latina di Lucrezio.
Lorenzo Antonelli (IIIA) ha introdotto gli spettatori nel mito, raccontando i motivi che hanno spinto Agamennone a sacrificare sua figlia Ifigenia per assicurare la partenza della flotta achea alla volta di Troia.
La scenografia ricordava quella di un rito satanico ed era tristemente perfetta per un sacrificio umano, rappresentato come una scelta subita da Ifigenia ma allo stesso tempo accettata nella versione latina, mentre appare come una terribile costrizione nella versione greca, evitata infine grazie all’intervento della dea Artemide, disgustata dall’azione che Agamennone e i suoi uomini stavano per compiere.
La tragedia di Euripide, Ifigenia in Aulide, era molto avanti nei tempi proprio perché essa, invece di rappresentare il sacrificio di un’innocente come un evento normale e socialmente accettabile, lo rappresenta per quello che è, ovvero un atto terribile e crudele sia per la sacrificata sia per coloro che le volevano bene, facendoci capire che non è moralmente accettabile, nemmeno se la società del tempo la considera una scelta “lecita”. Così, Ifigenia in Aulide, rispetto alla sua controparte latina, diventa un’opera sulla difesa degli innocenti, che vengono troppo spesso sacrificati in nome della politica e del potere, un tema purtroppo sempre attuale.
Fatto curioso: non è ironico che la versione greca, quella più antica, risulti più moderna e vicina alla nostra mentalità, mentre quella latina, più recente, è molto più limitata e lontana dal nostro pensiero comune? Insomma, non sempre la giovinezza è migliore della vecchiaia.
Gli attori sono:
Ifigenia: Eugenia Afanasenko e Gaia I (entrambe V B);
Sacerdote: Lorenzo Prosperini (III A);
Agamennone: Max Pilkington (V C);
Soldato sconosciuto: Enrico Bruni (III A);
Vergini: Francesca Ulivieri e Chiara Castelli (entrambe III A);
Lettrici: Sara Galli, Flavia Dargenio, Caterina Mazzantini (tutte della III A),Virginia Sfrecola (I B);
Lettore: Lorenzo Antonelli (III A);
Catasterismo –fatto in I A
E dopo aver parlato di sacrifici e affini, adesso parlerò di una sceneggiatura, che ha come protagoniste… le stelle. Il nome della pièce, ovvero “catasterismo”, è un termine che indica le persone che vengono trasformate in stelle dagli dei sia a causa della loro superbia e tracotanza sia, al contrario, come premio per la devozione dimostrata in vita verso un dio.
Anche in questo caso l’ironia ha fatto da padrona: la storia è stata incentrata sulle discussioni tra le stelle, ed è stato divertente vederle parlare tra di loro, come se fossero le classiche comari con sempre una parola acida o un commento perfido per tutti, mentre ognuna cercava di dimostrare di essere la più importante tra di loro.
La scena finale le ha visto riunirsi tutte le stelle nel cantare insieme “Noi siamo figli delle Stelle” di Alan Sorrenti, come se le stelle stesse non si fossero tirate frecciatine per tutto lo sceneggiato. L’accuratezza dei dialoghi ha valorizzato le doti recitative delle attrici , rendendo questa rappresentazione divertente e frizzante.
Gli attori sono:
Persefone: Matilde Strambi (2°A);
Andromeda: Camilla Sbrana (2°A);
Corona di Arianna: Arianna Frassi (2°A);
Aurora: Emma Ipata e Camilla Parenti (entrambi 2°A);
Cassiopea: Matilde Casadei (2°A);
Selene: Ester Salotti (2°A);
Paolo Fox: Ottavia Monicelli (2°A);
E con questo, ho finito la mia parte. Tutto quello che avete letto in questo articolo è la verità, tutta la verità e soltanto la verità sul primo piano del classico, lo giuro! …. e spero che vi sia piaciuta.
Con affetto,
Luigi O.
Ah! Me ne stavo dimenticando!
Dedico questo articolo a tutta la redazione di Rapsodia Online, che mi ha aiutato con le ultime correzioni dell’articolo, e soprattutto non si è stancata della mia insistenza nel chiedere i nomi e le classi degli attori.
Vi ringrazio con tutto il mio cuore.
[…] >> La mia prima esperienza con i “Giorni Classici” >>Giorni Classici 2018: i risultati del sondaggio >>I Giorni Classici – il primo piano […]