
Il giardino era pieno di piante di diversi tipi, dalle grosse piante grasse, ai magri e fragili rampicanti. Mi ritrovai a fare due giri di trecentosessanta gradi, per ammirarne in tutta la sua bellezza solo una piccola parte, ovvero quella che riuscivo a vedere fra i tanti arbusti, che creavano la perfetta armonia di una foresta. Sbirciando oltre un angolo della villa, trovai persino una sezione in stile giapponese antico, con un canneto ben tenuto, e tanti di quegli strumenti giapponesi dei quali all’epoca non capivo il funzionamento, da cui tuttavia proveniva per me una sorta di attrazione magnetica, forse per l’armonia che creavano insieme al resto del giardino.
Emma ci guidò attraverso questa moltitudine di piante, dicendo che non c’era alcun rischio di perdersi, non solo perché c’era segnale per il cellulare nella maggior parte dei punti, ma anche perché, essendo l’unica ad avere abbastanza tempo per occuparsi del giardino, l’arduo compito toccava sempre a lei, seppure succedeva qualche volta che le ragazze l’aiutassero. Disse che Anne non aveva nessun talento che potesse giovare alle piante, tuttavia si preoccupava sempre che Emma stessa non si prendesse un malanno facendo così tanta fatica: e così, ogni volta che aveva un attimo di tempo libero, lei e Leprecauno si precipitavano in giardino ad aiutarla, la prima seguendo qualsiasi direttiva di Emma, il secondo scavando buche e portando oggetti quando serviva. Disse che Aurora aveva poca resistenza per il lavoro fisico, e che quindi non poteva fare molto, ma nonostante tutto lei e Mia estirpavano le erbacce dal giardino, di solito nelle giornate in cui non faceva troppo freddo ed il sole restava coperto dalle nuvole senza picchiare sulle loro teste. Disse che Sei non l’aiutava spesso, ma che ogni volta che riusciva a convincerla, per tutte le piante dell’intero giardino era una manna dal cielo: con il suo potere spirituale poteva purificare l’intera villa, non solo per scacciare alcuni piccoli demoni che eventualmente avevano trovato rifugio fra le sue ombre, ma anche per ridare vita alle piante che stavano morendo e per stabilizzare i nutrimenti e le reazioni chimiche che avvenivano all’interno di quelle malate, ma anche di quelle completamente sane.
Mentre pensavo stupito che l’amore della mia vita avesse un potere così grande e bello mi venne un dubbio: perché non aiutava costantemente, essendo dotata di un potere così grande? Non riuscivo a capire. Più cose scoprivo su di lei, più mi sembrava misteriosa. Ma non era un valido motivo per arrendersi. Qualunque cosa sarebbe successa avrei continuato a cercare di capirla ed avrei aspettato fino a che non fosse stata pronta ad aprirsi almeno un po’.
– Ecco, qui dovremmo essere abbastanza lontani dalla villa. Al massimo possiamo fare male a qualche povera pianta, ma non riusciremo a distruggere la casa a questa distanza. – disse Emma distogliendomi dalle mie riflessioni.
– Perché dobbiamo allontanarci così tanto? – domandai incuriosito.
– Perché siete ancora principianti e tua sorella potrebbe perdere il controllo del suo demone.
– Non potrei forse perderlo anch’io?
– Non hai ancora capito? Il tuo demone è sotto il controllo diretto di quello di Nadine. Se lo desideri puoi evocarlo, ma è praticamente impossibile che tu perda il controllo. Bene, oggi vi dirò come usare una pistola. È la mia arma, dal momento che non conosco nessuna arte marziale. Vi istruirò solo con questo tipo di arma, quando tornerà Anne imparerete ad usarne altre.
Ci esercitammo per buona parte del pomeriggio: Emma ci spiegò come montare e smontare una pistola, come caricarla, come sparare, come mirare e persino le posizioni più usate dai principianti.
– D’accordo, per oggi può bastare, devo andare a preparare la cena, e voi due sembrate imparare abbastanza in fretta.
– Se fossi cresciuta da orfana, anche tu avresti sviluppato in fretta questa capacità di imparare velocemente ogni cosa che può esserti utile per la sopravvivenza. – disse tristemente mia sorella.
– Sentite, non posso cambiare il vostro passato, ma se volete, vi prometto che potremo cambiare tutti insieme il vostro futuro. Sta solo a voi decidere del vostro avvenire d’ora in poi. Nadine vi ha detto ciò che possiamo fare per voi, e ciò che potete scegliere. Quando sarete abbastanza abili nel combattimento, potrete comunicarci la vostra decisione. Cambiando discorso, domani vi insegnerò come montare e smontare un silenziatore da una pistola, spareremo anche qualche colpo. Avanti, torniamo alla villa.
Dopo essere rientrati trovammo la casa silenziosa. Si sentiva solo il clicchettio di un vecchio orologio a pendolo in una stanza vicina. Aurora sembrava non essere ancora tornata, mentre Anne e Sei non si vedevano in giro, quindi probabilmente erano rimaste una nella sua stanza e l’altra nel suo studio.
Emma ci disse di andare a preparare tutto ciò che avrebbe potuto servirci per domani mattina, a scuola, e che dopo ci saremmo dovuti sistemare per la cena. Detto questo si allontanò verso la cucina.
Quando uscii dalla mia camera pronto per la cena, notai che Sei discuteva con qualcuno al cellulare, così scesi e le feci un segno per farmi notare e chiederle con chi stesse parlando, ma lei mi mise una mano davanti al viso per farmi intuire che dovevo aspettare, e poi mi fece segno di silenzio: – Ascolta ne sei certa? Sarebbe molto grave. Troppo. – sembrava frustrata, ma anche lievemente preoccupata – Almeno li hai seminati? Bene, allora precipitati qui. No, devi rientrare subito, non mi interessa se non hai ancora finito. Mi hai sentita o no!? Ti voglio qui ed adesso! Se non torni ordinerò al tuo demone di riportarti qui, dovesse trascinarti!
Sentii la persona con cui stava parlando che mugolava lamentosamente, e dopo poco concordava delusa. Incuriosito, decisi di porle la domanda subito dopo che aveva riattaccato: – Con chi stavi parlando?
– Con Aurora. Sembra che qualcuno l’abbia inseguita. Uno dei suoi contatti aveva venduto informazioni ad un agente dello stesso politico per cui lavora Denise. Sembra sia riuscita a seminarli, ma sono preoccupata per lei. Insisteva di finire il giro che aveva programmato prima di tornare. Le ho detto di dimenticarsi quel programma e di venire subito qui. Quel terreno è diventato troppo pericoloso persino per lei.
La cena fu cupa e silenziosa. Nessuno parlò, e solo alla fine, mentre io e Sheila stavamo uscendo dal soggiorno, Sei mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio: – Domani massima attenzione.
Le sue parole mi immobilizzarono, e mentre lei mi superava ed usciva dalla stanza, sentii di essere finito in una guerra fredda, in atto chissà da quanto. Capii per la prima volta che io volevo aiutarla, non rimanevo lì solo perché ci ero costretto o perché ero innamorato di lei. Compresi che l’avrei aiutata a qualsiasi costo, e che non l’avrei tradita neanche per la mia stessa vita. Avevo finalmente compreso una piccola parte di lei: avevo capito che sapeva. In quella villa, io mi resi conto che, all’epoca, lei era l’unica a comprendere che noi eravamo in guerra. La guerra dei nostri antenati contro gli umani perché questi ultimi fossero sterminati era una guerra che era stata combattuta su un campo di battaglia, ed era finita con la loro morte. Grazie a loro, noi eravamo rinati, ed ora combattevamo anche noi, contro gli umani: ma non per sterminarli, bensì per sopravvivere a loro e per poter avere pace fra le nostre due razze: ecco con quali motivazioni era nata quella nuova e giovane guerra. Sentii chiaramente che ciò per cui lottavamo era un’utopia, una chimera. Ma proprio perché siamo in parte umani, noi non potremo mai arrenderci. Realizzai che quella era diventata anche la mia guerra, e che, anche volendo, non avrei più potuto sottrarmi ad essa. Quella di moltissimi secoli fa era una guerra che spargeva il sangue di molti, combattuta su un campo di battaglia. Noi ed i tempi ci siamo evoluti. Poiché la guerra di oggi è una guerra fredda, che non si combatte con uno scontro diretto, ma che sparge il sangue di pochi importanti individui. Ciò che più mi affliggeva all’epoca, era che, nelle guerre fredde, i soldati diventano spie. E se tutti noi eravamo i soldati, cosa sarebbe successo da quel momento? Non lo sapevo ancora, non con certezza. Ma ero spaventato, spaventato dal fatto che tutto questo mi fosse estremamente familiare. Sheila mi riscosse da questi strani ed orribili pensieri, perché la accompagnassi in camera sua ed andassi a dormire anche io.
Quando mi trovai solo nel mio letto, decisi di dedicare la notte a convincermi che quell’orribile senso di familiarità che provavo per questa guerra provenisse dal mio demone.
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