“Mio padre ci disse che non saremmo più tornate al Galilei”; nel segno di questa frase pronunciata da una vecchia studentessa della nostra scuola all’indomani della sua espulsione a causa delle Leggi razziali del 1938, gli studenti del Liceo Classico Galilei hanno iniziato, il 27 gennaio 2018, a celebrare il Giorno della Memoria. La commemorazione è stata organizzata, nell’Aula Magna Bontempelli del Liceo classico G. Galilei, da due studenti dell’ultimo anno, Enrico Bruni e Flavia Dargenio. L’incontro ha avuto inizio alle 10 e ha coinvolto ben sette classi, tra le quali sei classi del Galilei e una quinta del Pacinotti; questa straordinaria partecipazione ha reso necessario aggiungere una trentina di sedie alle cento già presenti nell’aula per permettere a tutti di avere un posto a sedere.
Secondo il programma gli interventi dovevano essere quattro, ma il primo – quello della professoressa di storia contemporanea della Scuola Normale Superiore, Ilaria Pavan – è stato annullato all’ultimo momento dalla professoressa per motivi di salute. Ciò non ha tuttavia compromesso l’evento grazie all’intervento del professor Sodi che ha accettato di sostituire la professoressa Pavan con un intervento sulla situazione italiana in seguito all’emanazione delle leggi razziali, spiegando poi nello specifico ciò che accadde all’indomani del 1938 nella nostra scuola. Abbiamo così scoperto di quanti ragazzi della nostra età siano stati costretti ad abbandonare il nostro liceo lasciando i propri amici e gli studi soltanto perché ebrei. Sono state ricordate le vicende dei fratelli Pontecorvo (i primi proprietari della fabbrica tessile Pontecorvo che diventerà poi il Complesso Marzotto) e quelle di Rafael Emdim (che fa riflettere su come gli ebrei furono traditi dal fascismo con la firma delle Leggi Razziali) che hanno messo in luce come gli italiani si trovarono in un certo senso disorientati di fronte alle discriminazioni razziali del 1938, come se la popolazione fosse stata travolta da un’onda nera di odio che non riuscì né cercò di trattenere. Dopo il professor Sodi ha preso la parola Flavia Dargenio, studentessa del nostro liceo e candidata alla rappresentanza d’istituto, che con un brillante intervento ha collegato passato e presente tramite la poesia “Refugee Blues“. Scritto pochi mesi prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, il canto descrive in maniera drammaticamente realistica la condizione degli ebrei nel Vecchio continente, discriminati e perseguitati, visti come capri espiatori dei mali della società. Flavia ha evidenziato quindi l’attualità di questo testo a causa delle forti manifestazioni xenofobe che si stanno verificando in tutto il vecchio continente: dalla Francia del Front National al Narodowe Odrodzenie Polski in Polonia, dall’“Italia forzanuovista” al Nationaldemokratische Partei Deutschlands in Germania, si assiste a una vertiginosa ribalta di sentimenti neofascisti e razzisti su cui bisogna fermarsi a pensare. L’intervento di Flavia Dargenio si è articolato proprio come una riflessione aperta con gli studenti che hanno partecipato a un dibattito vivace ma gestito dalla stessa Flavia in maniera accurata e strutturata.
Alla fine di questi due interventi Enrico Bruni, anche lui candidato alla rappresentanza d’istituto nella stessa lista di Flavia Dargenio, ha introdotto gli studenti presenti alla visione del film “Woman in gold” (2015) di Simon Curtis, spiegando il motivo per cui aveva deciso di proiettare questo film piuttosto che un classico della Giornata della memoria. “Riprendendo due termini utilizzati da Primo Levi […], questo non è un film di “sommersi”; come può essere “Il bambino col pigiama a righe” o “Il figlio di Saul”, non racconta delle vite distrutte nei campi di sterminio, questa è infatti una storia che si evolve”. Ma in che senso si evolve? Si evolve perché la storia passa da essere una storia di “sommersi” a una storia di “salvati” nel momento stesso in cui Maria Altmann (protagonista del film) riesce a ottenere la restituzione del ritratto di Adele Blochbauer (zia di Maria) da parte del governo austriaco che era stato rubato dai nazisti alla sua famiglia dopo lo Anschluss; per Maria l’amato ritratto della zia va quindi a simboleggiare la propria storia, la storia della propria famiglia, la propria dignità. Una storia che deve essere salvata, sebbene nel finale torni la tristezza perché Maria è consapevole di essersi salvata con la fuga e con il dolore di essere stata costretta a lasciare i genitori in Austria. Sia gli studenti che i professori hanno commentato in modo molto positivo la scelta del film e tutti hanno mostrato interesse e partecipazione di fronte alla tragica esperienza di vita di Maria Altmann. E’ stato molto interessante, a seguito di questa iniziativa, la settimana dopo, discutere in classe con la nostra professoressa di lettere di questo film con un dibattito ricco di spunti di riflessione.
Anche se alcuni studenti non si sono trattenuti fino alla fine del film perché la campanella stava per suonare, altri hanno dimostrato di essere così interessati da non far caso alla fine della scuola né di ricordarsi di impegni in precedenza presi. Come ha poi ricordato Bruni, “la Giornata della Memoria c’è una sola volta all’anno” ed è importante rimanere anche fuori dall’orario scolastico “perché siamo mossi da un vero e potente interesse”. Gli studenti del Classico hanno continuato nel pomeriggio la loro “marcia per la memoria” partecipando alla manifestazione Mai più fascismi organizzata dall’ANPI. Alla manifestazione hanno aderito molti studenti del Liceo di tutte le classi, dalla quarta ginnasio alla terza liceo.
Ma l’impegno per la memoria del Galilei non si è concluso nella mattinata del 27 gennaio; è continuato anche il martedì successivo (30 gennaio). Due terze hanno partecipato all’incontro tenutosi al Polo Carmignani con Andra Bucci e Vera Vigevani Jarach, la prima sopravvissuta di Birkenau, la seconda Madres de Plaza de Mayo ed emigrata dall’Italia a causa delle leggi razziali. Andra Bucci ha raccontato la sua tragica esperienza a Birkenau con la sorella e il cugino (tragicamente assassinato dopo essere stato utilizzato come cavia dal dottor Kurt Heissmeyer a Neungamme) e Vera Vigevani Jarach, ponendosi come “partigiana della memoria”, ha fatto varie riflessioni sull’attualità, sul ritorno del fascismo (è inutile chiamarlo eufemisticamente “estrema destra”) e di sentimenti xenofobi. Alla fine della cerimonia Vera ha fatto una dedica a una delle nostre due terze, dedica che ora è appesa con orgoglio sulla parete della classe.
“Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti!”, come ha scritto Gramsci. E la nostra scuola, ancora una volta, ha dato dimostrazione di essere una scuola dove impari a essere “partigiano”, a schierarti e a prendere posizione. La nostra scuola è ancora “partigiana” e si può salvare perché, come direbbe Orazio, “Abbiamo eretto un monumento più duraturo del bronzo”.
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